Errori gravi
nei quesiti più sensibili,
chi ha vinto

Giuliano Amato con gesto innovativo ha voluto spiegare alla stampa il perché delle decisioni della Corte Costituzionale sugli otto referendum presentati. Il presidente della Consulta non è stato in questa circostanza «sottile», anzi ha dato giudizi molto netti. Primo, sull’eutanasia, già bocciato l’altroieri, ha ricordato che non rispettava la tutela costituzionalmente dovuta della vita umana perché avrebbe consentito l’«omicidio del consenziente» in molti più casi di quanto si volesse far credere. Secondo, sulla cannabis ha in pratica detto che il quesito conteneva un errore grave: depenalizzava cioè non solo la cannabis ma anche le droghe pesanti e perciostesso andava a sbattere con precisi trattati internazionali firmati dall’Italia. Le reazioni degli interessati (soprattutto Radicali e associazioni) sono state più che dure, anzi furibonde con l’accusa ad Amato di «mentire».

Quanto alla giustizia, salta il quesito sulla responsabilità civile diretta del giudice: secondo Amato l’introduzione di una norma simile avrebbe «reso il referendum innovativo più che abrogativo», e come tale non ammissibile. Finora infatti la responsabilità civile del giudice è indiretta in quanto tra il magistrato e il cittadino si frappone lo Stato che semmai poi si rivale sul suo dipendente. Chi gioisce dunque? Fondamentalmente la Lega che si vede approvati 4 referendum sui 5 riguardanti la giustizia e su cui potrà imbastire una fortissima azione propagandistica allorché si aprirà la campagna referendaria.

Ricordiamo i referendum ammessi: le regole anti-correnti per l’elezione del Csm, la limitazione all’arresto preventivo, la separazione delle funzioni dei magistrati e di fatto l’abrogazione della legge Severino che sospende i politici condannati, oltre al voto degli avvocati nei consigli giudiziari quando si tratta di valutare l’azione dei giudici. Argomenti che si inseriscono in una stagione in cui le polemiche sull’azione della magistratura (che provengono da fuori ma anche dall’interno dell’ordine giudiziario) hanno seriamente minato la fiducia dei cittadini nei confronti di un potere dello Stato che pure, giusto 30 anni fa, veniva applaudito nelle piazze come ultima speranza contro la corruzione e l’illegalità. Le correnti dei giudici (con i loro giochi di potere per la conquista delle poltrone più prestigiose) rappresentano un potente fattore delegittimante, e oggi il referendum leghista punta ad eliminarle dalla corsa per la conquista dei posti al Csm.

C’è da considerare come nei partiti di centrodestra e centristi si punti addirittura ad una elezione del Csm a sorteggio, quindi senza nessuna possibilità di controllo dall’alto. Inoltre la separazione delle carriere o delle funzioni (che non è però la stessa cosa) è uno dei cavalli di battaglia da sempre della coalizione berlusconiana. Meno facile sarà per la Lega conciliare le proprie tradizionali posizioni sulla giustizia (quelle del «metteteli in galera e buttate la chiave», tanto per capirci) con la limitazione della carcerazione preventiva - che rimarrebbe solo nel caso in cui l’accusato possa fuggire - proposta da un quesito su cui si sente l’impronta garantista dei Radicali. Stessa cosa può dirsi per la cancellazione della gran parte della legge Severino, varata dal governo Monti per dare un segnale di moralizzazione allontanando dal Parlamento, dal Governo e dagli enti locali i politici condannati con pene di almeno due anni. Anche qui il giustizialismo leghista dovrebbe faticare un poco.

Per una parte dei quesiti il Parlamento sta lavorando alla riforma firmata dalla ministra della Giustizia Cartabia: secondo Salvini i referendum dovrebbero costituire la spinta per farla approvare più celermente, secondo il Pd e il M5S invece proprio i referendum potranno costituire un impedimento a portare a casa una riforma considerata indispensabile all’attuazione del Pnrr.

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