
L'Editoriale
Venerdì 16 Maggio 2025
Europa, Meloni posizione scomoda
ITALIA. Giorgia Meloni ha incontrato nella sede di FdI a via della Scrofa a Roma il possibile futuro premier romeno George Simion, esponente del partito di destra AuR dichiaratamente filo russo.

All’incontro era presente anche l’ex premier polacco Mateusz Morawiecki, leader del Pis. Un incontro giustificato dal fatto che sia l’AuR di Simion che il Pis di Morawiecki fanno parte del raggruppamento europeo Ecr come Fratelli d’Italia, e di cui Meloni è stata presidente fino a poco tempo fa. Il problema è che la maggior parte dei capi europei - a parte l’ungherese Viktor Orban e lo slovacco Robert Fico - sono più che preoccupati della possibilità che Simion vinca al secondo turno le elezioni e arrivi a guidare la Romania: così infatti si estenderebbe il fronte di Paesi membri della Ue che contrastano il riarmo europeo e spingono per un riavvicinamento a Putin in funzione anti Ucraina. Viceversa Meloni non solo non si dice preoccupata delle elezioni in Romania ma riceve Simion nelle giornate tra il primo turno e il ballottaggio, sollevando un vespaio di polemiche a Bucarest e in molte capitali europee dove la sua iniziativa è stata vista come una ingerenza politica.
La maggior parte dei capi europei - a parte l’ungherese Viktor Orban e lo slovacco Robert Fico - sono più che preoccupati della possibilità che Simion vinca al secondo turno le elezioni e arrivi a guidare la Romania
In Europa il rafforzamento della Destra
La nostra presidente del Consiglio auspica un rafforzamento del fronte di destra nella Ue, peccato che i sovranisti che lei incontra cordialmente sostengano posizioni sulla guerra russo-ucraina diametralmente opposte a quelle dell’Italia e del suo governo. Anzi, si ricorderà che Meloni fece dell’appoggio a Zelensky il lasciapassare per accreditarsi in campo internazionale nel momento in cui esordiva come premier. A questa evidente contraddizione fra le posizioni diplomatiche dell’Italia e quelle politiche del partito di maggioranza relativa, si aggiunga il fatto che l’Italia si è autoesclusa dall’iniziativa dei «Volenterosi» che si pone sempre più come motore dell’Unione - riaggregando in qualche modo anche la Gran Bretagna - non solo in questa fase di emergenza, ma anche sul lungo periodo. Al nostro posto c’è la Polonia: a Kiev con Zelensky si sono fatti fotografare Macron, Merz, Starmer e Tusk come portatori di una volontà generale dell’Europa che supera anche il peso politico della Commissione. L’Italia non c’è non perché non voglia più sostenere l’Ucraina ma perché non è disposta a far parte del gruppo di testa che lavora al riarmo in funzione anti-russa.
Questa posizione così scomoda in cui si trova Palazzo Chigi si è finora giustificata con la volontà di fare di Roma il luogo dell’incontro tra l’Unione europea e l’amministrazione Trump, così ostile ai suoi alleati del Secondo dopoguerra. Una ambizione che i nostri alleati, i francesi e i tedeschi soprattutto, hanno subito smontato: avete più sentito parlare dell’incontro Usa-Ue che la Meloni annunciò al termine della sua visita a Washington sventolando una promessa di partecipazione di Trump? L’ipotesi è tramontata rapidamente, e quello che per qualche ora è sembrato un successo diplomatico italiano è stato sì e no in grado di alimentare i titoli dei telegiornali di una sola sera. Al punto che ormai Macron e Merz mettono in dubbio persino che la «conferenza per la ricostruzione» dell’Ucraina, prevista in luglio, si debba tenere, come finora deciso, a Roma: il nostro impegno in armi e risorse non sembra sufficiente per permetterci una simile vetrina. Di questo sabato parlerà Meloni proprio con il Cancelliere Merz che chiederà chiarimenti. E Giorgia Meloni dovrà essere molto chiara perché in gioco c’è anche il suo avvicinamento al Ppe di cui i tedeschi sono la guida più autorevole.
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