Fanatismi di guerra fanatismi di parole

ITALIA. Mai come in questa era invece è possibile accedere a una molteplicità di informazioni, a fonti per verificare l’attendibilità delle notizie, a libri di studiosi intellettualmente onesti e accreditati: ma costa fatica. La realtà sfuggente e articolata, anche quella delle guerre, la più tragica, può essere compresa attraverso la cultura e l’umanità.

Premessa a questo passaggio decisivo è la libertà da gabbie ideologiche e da manicheismi. Il 31 gennaio scorso Elena Basile ha postato sul suo profilo Facebook un video nel quale si rivolge a Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz. Dice fra l’altro l’ex diplomatica, commentatrice di politica internazionale: «Cara signora, possibile che lei sia tormentata solo dal pensiero dei bambini ebrei? I bambini palestinesi non la toccano?». Poi le parole orribili: «Sa che i tedeschi erano molto buoni con i bambini nazisti? Anche loro avevano una morale che si rivolgeva ai tedeschi, agli ariani, ai bianchi. Non sentivano nulla per la morte degli ebrei. Lei vuole imitarli?». Un sospetto immondo che ha spinto la famiglia Segre a querelare l’ex funzionaria della Farnesina. Pronta la raffazzonata retromarcia di Basile: ha dato la colpa del malinteso (solo malinteso?) a un’intervista «letta forse superficialmente» che sarebbe stata incompleta. La senatrice a vita peraltro ha espresso più volte il proprio dolore per i bambini palestinesi di Gaza (quando si dice informarsi...). Com’è possibile che una commentatrice televisiva affronti di petto un argomento così spinoso senza averlo approfondito? Basile conclude così il «mea culpa»: «Mi allarma avere ferito con un paragone inappropriato la senatrice per la quale ho sempre avuto stima per la sua opera di testimonianza dell’esperienza atroce che ha vissuto. Sarei sconvolta al pensiero di averle arrecato dolore». Il dolore è stato arrecato e il video incriminato è ancora sul profilo dell’ex diplomatica. Ma tant’è. Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato preso di mira sui social e non solo per non aver espresso con durezza accuse contro Israele per le stragi di Gaza. Il bisogno dell’invettiva, del tono della voce alterato non è un segno di tempi malati, di parole estremizzate che cancellano la bontà delle ragioni, quando ci sono? Com’è possibile mettere in discussione il senso di giustizia di Segre e Mattarella, la costante attenzione all’umanità dolente? Non fanno testo le loro biografie?

Nel tritacarne del fanatismo verbale non è poi raro sentire questa affermazione: «Gli israeliani fanno ai palestinesi ciò che i nazisti fecero agli ebrei». Una falsità che banalizza il nazismo. Nella Shoah furono uccise sei milioni di persone, catturate una a una, deportate su carri bestiame, internate nei lager, ammazzate nelle camere a gas o di fame. Se Hitler non fosse stato fermato, avrebbe realizzato la «soluzione finale»: sterminare tutti gli ebrei. Nella storia non c’è nulla di paragonabile alla Shoah, ovviamente nemmeno i crimini di guerra israeliani nella Striscia di Gaza.

Il fanatismo ideologico antioccidentale continua invece a leggere l’invasione su larga scala dell’Ucraina come una risposta cercata dall’Ovest, un tranello alla Russia. Ciò nonostante Putin dica ormai senza remore che l’invasione ha lo scopo di ripristinare la grandezza imperiale dell’ex Urss. Ma non è raro ascoltare o leggere definizioni dell’Ucraina come «fantoccio della Nato e degli Usa»: non è un’opinione ma una falsità infamante di un popolo sotto aggressione militare. Chi ha il privilegio di vivere al di fuori dei conflitti che giudica, dovrebbe evitare settarismi e ricercare il vero: c’è di mezzo la vita delle persone.

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