
L'Editoriale / Bergamo Città
Sabato 19 Aprile 2025
Intelligenza artificiale e i lavori del futuro
MONDO. Il dibattito sull’intelligenza artificiale (AI) occupa da tempo molto spazio sui media e non a torto visto l’impatto che sta avendo e avrà ancor di più sulle nostre vite.
Una delle questioni riguarda il lavoro e i lavori. E vi sono analisi molto accurate su quali mestieri verranno superati e quali nasceranno. Spesso però manca una visione di insieme che dica in modo semplice cosa accade e accadrà per tutti e lungo quali indirizzi. Condivido con i lettori un pensiero. A mio avviso, con l’intelligenza artificiale si salveranno i lavori del saper fare e del saper gestire. Tutti gli altri soffriranno e la laurea non basterà più se non accompagnata appunto da saper fare e da saper gestire.
Il lavoro del saper fare
Il primo lavoro, quello del saper fare, richiede competenze vere in qualche campo, aggiornate e autentiche. Per intenderci, il ragioniere di un tempo (lo dice la parola stessa molto più della sua evoluzione a commercialista) non era quello che soffriva l’avvento della calcolatrice ma colui che dai numeri di un bilancio e dalla conoscenza del contesto comprendeva l’andamento dell’impresa e ne intuiva o prevedeva le possibili criticità future. La partita doppia non era (e non è tuttora) uno strumento tecnico ma di pensiero aziendale, di messa in riga delle azioni e delle operazioni d’impresa. E le competenze del ragioniere erano competenze autentiche, tant’è che abbiamo avuto ragionieri manager, imprenditori e persone di fiducia di grandi organizzazioni.
Il lavoro del saper gestire
Il secondo lavoro, quello del saper gestire, richiede progettazione organizzativa, conoscenza della natura umana, controllo delle emozioni, leadership. Non sorprende che oggi siano sempre più richieste le cosiddette «soft skills», che non sono un impasto gassiforme di conoscenze prese qua e là ma curiosità su più campi, pacatezza, ascolto e capacità di indirizzare e decidere. Viene in mente più il parroco di un tempo che il super manager duro e spietato.
L’AI trasformerà il lavoro
Ecco, con queste premesse, l’intelligenza artificiale come tutte le rivoluzioni tecnologiche pervasive, trasformerà in «lavoretti» molti attuali lavori, quelli amministrativi non di concetto, quelli fondati sulle procedure, e ridurrà l’intensità di lavoro in queste aree. Certo nasceranno anche nuovi lavori ma non contiamo, grazie all’intelligenza artificiale, né sull’idea del lavorare autonomamente tutti meno, né sull’idea che vi sarà un lavoro e quindi un reddito di cittadinanza a prescindere. Non contiamo nemmeno su uno Stato che investe capitale senza ritorno o che può restare nelle sue inerzie ed inefficienze.
Tutto andrà riprogettato, anche nelle attività pubbliche o che impiegano risorse della collettività. La spesa pubblica infatti è alimentata dalla crescita economica e non dalla lista dei desiderata, come spesso si vede nel nostro Paese. Fondamentale quindi una formazione consapevole di queste tendenze e un salto culturale che non porti a frustrazioni senza sbocco.
La difesa dei diritti del lavoro
Da ultimo, il ragionamento sopra non dimentica i diritti e la loro difesa. Anche diritti nuovi ma sempre accompagnati dai relativi doveri. Non guardiamo dunque all’intelligenza artificiale con paura né come panacea delle attuali frustrazioni ma come stimolo ad evolvere, come una nuova opportunità per potenziare l’intelligenza naturale lasciando al centro e davanti la persona, pensando tanto al ragioniere quanto al parroco di un tempo per avere il loro stesso impatto sulla società.
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