
( foto ansa)
MONDO. Siamo sicuri che il vero obiettivo dell’attacco israeliano all’Iran fosse sventare un’imminente minaccia nucleare portata dagli ayatollah? Nelle due relazioni dell’Aiea (l’Agenzia dell’Onu per l’energia nucleare), desecretate nei giorni scorsi, non c’è alcun accenno a una bomba in arrivo o prossima alla costruzione.
L’Agenzia lamentava la scarsa o nulla collaborazione degli iraniani ai controlli dell’Onu (compresa la sospetta «pulizia» condotta negli impianti nucleari visitati) e faceva notare che la quantità di uranio arricchito accumulata dagli iraniani (166,6 chili) è un caso unico tra i Paesi che non dispongono di armamenti nucleari. A sfavore dell’Iran la considerazione che la sua palese intenzione era di continuare ad arricchire l’uranio. A favore la considerazione che l’uranio per le bombe deve essere arricchito almeno all’85%.
Un allarme, quello dell’Aiea, ma certo non un allarme così urgente da provocare un simile attacco, a dispetto di quanto sostengono certi giornali e certi Governi occidentali e soprattutto di quanto proclama Benjamin Netanyahu, il quale peraltro già dieci anni fa era arcisicuro che l’Iran fosse a centimetri dalla bomba atomica, trovando infine l’appoggio di Donald Trump allora al primo mandato. E poi ci sono le circostanze accessorie. L’attacco israeliano (che tra l’altro, in certe dinamiche, è risultato molto simile all’operazione Spider Web con cui gli ucraini hanno colpito le basi aeree russe) è molto più massiccio e duraturo di quanto basterebbe per ridurre ai minimi termini gli impianti nucleari dell’Iran e si è accanito contro scienziati, militari e politici di indubbio rilievo, come a voler azzerare anche una certa classe di governo della Repubblica islamica. Tra le vittime degli assassini mirati israeliani, non a caso, c’è anche Alì Shamkani, consigliere della Guida suprema Alì Khamenei e capo negoziatore. In più, ci sono le reazioni internazionali. In Medio Oriente si passa dal giubilo del nuovo regime della Siria (gli ex terroristi di Hayat Tahrir al Sham, che ora governano il Paese, considerano l’Iran un nemico per il passato sostegno a Bashar al-Assad) al distacco dell’Iraq (dove il leader sciita Moqtada al-Sadr ha invitato a star fuori dal conflitto) alla presa di posizione del Libano, dove il Governo ha diffidato Hezbollah dal muoversi in qualunque modo per aiutare l’Iran. Gli altri Paesi, dalle monarchie del Golfo alla moderata Giordania, hanno spalancato i loro cieli ai caccia di Israele quando non hanno anche collaborato ad abbattere i droni iraniani.
Di fatto, oggi l’Iran è il Paese più isolato al mondo. E quindi anche il più indifeso. Operazione che, ovviamente, va inserita nel quadro più complessivo di decostruzione-ricostruzione del Medio Oriente
Idem per i grandi tradizionali alleati dell’Iran: Cina e Russia, che hanno firmato impegnativi trattati di partenariato con la Repubblica islamica (nel 2021 e nel 2025 rispettivamente) hanno bofonchiato poche parole di circostanza. E allora spunta un sospetto: che questa guerra, così a lungo auspicata da Netanyahu, non sia una guerra contro l’ipotetica bomba atomica dell’Iran ma un’operazione a raggio molto più vasto per farla finita una volta per sempre con il regime degli ayatollah, ormai da tutti, dentro e fuori il Medio Oriente, considerato un elemento di disturbo e una causa di perenne instabilità. Di fatto, oggi l’Iran è il Paese più isolato al mondo. E quindi anche il più indifeso. Operazione che, ovviamente, va inserita nel quadro più complessivo di decostruzione-ricostruzione del Medio Oriente (e quindi Gaza, Cisgiordania, Libano, Siria e Yemen) che Netanyahu si è incaricato di condurre dopo le stragi dei terroristi di Hamas dell’ottobre 2023 ma che trova palese appoggio negli Stati Uniti e nella maggioranza dei Paesi Ue.
Le prossime settimane, tornando all’Iran, saranno decisive. Ed è probabile che gli ayatollah saranno più impegnati a difendere la propria permanenza al potere che a rispondere militarmente a Israele. E in un futuro più ampio, verificare se il progetto più generale per la regione prenderà consistenza. Chi scrive non è affatto convinto che da una serie simile di massacri e distruzioni, con la mole di rancori che stanno generando in un’area che di rancori già abbonda, possa nascere una proposta positiva e convincente. Il tempo ci darà la risposta.
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