
L'Editoriale
Mercoledì 25 Giugno 2025
Israele-Iran, il timore che non sia finita qui
MONDO. La guerra in Ucraina l’avrebbe fermata in 24 ore, diceva Donald Trump in campagna elettorale. Adesso, dopo sei mesi di presidenza, le sue pretese sono appena più moderate: con soli 12 giorni di guerra preventiva contro gli ayatollah, condotta in collaborazione con Israele, è convinto di aver indirizzato l’Iran verso un futuro di prosperità e il Medio Oriente verso una nuova era di pace e stabilità.
Sarebbe inutile fargli notare che altri presidenti americani si erano illusi alla stessa maniera, convinti che un po’ di bombardieri e, dopo, di gomma da masticare avrebbero rimesso in riga una regione che di guerre e di occupanti ne ha visti da riempire i libri di storia. Storia che a quanto pare si ripete e impiegherà poco tempo a far sfumare i sogni di gloria del tycoon.
Israele, con l’appoggio fattivo di mezzo mondo (tutte le monarchie del Golfo Persico, i Paesi moderati del Medio Oriente, l’Europa e naturalmente gli Usa) e l’astensione delle nazioni che con l’Iran pure avevano firmato importanti accordi di partnership (Russia e Cina), ha devastato molti (non tutti) gli impianti del nucleare iraniano. Non si sa che fine abbiano fatto quei 166,6 chili di uranio arricchito al 60% (come certificato dall’Agenzia Onu per l’energia atomica) di cui l’Iran disponeva. E anche all’apice dell’offensiva israeliana (che grazie a quanto sopra poteva fare il bello e cattivo tempo), l’Iran è stato in grado di colpire le città dello Stato ebraico. È vero, alla fine gli ayatollah, dopo tante promesse di vendetta, hanno chinato il capo e dichiarata chiusa la guerra. Ma è una vittoria, questa?
Così, oggi, lo scopo non è quello di sostituire un pessimo regime con un buon governo ma solo di seminare il caos, per togliere agli avversari o presunti qualunque possibilità di iniziativa
Benjamin Netanyahu la racconta così al mondo ma è troppo realista e astuto per crederci. Quindi è saggio aspettarsi ulteriori e drammatici sviluppi. Come si vede in tutta la regione, certe lezioni del passato (Afghanistan e Iraq) sono state metabolizzate. Così, oggi, lo scopo non è quello di sostituire un pessimo regime con un buon governo ma solo di seminare il caos, per togliere agli avversari o presunti qualunque possibilità di iniziativa. È ciò che Israele fa in Libano e, di nuovo «preventivamente», in Siria, mentre a Gaza il discorso è più semplice: lì c’è un progetto di pulizia etnica, come i 500 morti della scorsa settimana (con Hamas neutralizzato e nessuna opposizione militare) ampiamente dimostrano.
Ci si chiede se davvero Israele sta facendo infiltrare in Iran, attraverso il confine di un Paese alleato come l’Azerbaigian, armi e sabotatori per provare ad accendere dall’interno la scintilla di una guerra civile
Tornando all’Iran, dunque, basterà aspettare poche settimane per capire se le voci che oggi si rincorrono, e che disegna un quadro abbastanza credibile, diventeranno fatti. Cioè se davvero Israele sta facendo infiltrare in Iran, attraverso il confine di un Paese alleato come l’Azerbaigian, armi e sabotatori per provare ad accendere dall’interno la scintilla di una guerra civile, o comunque di una contestazione armata, che terrebbe impegnati gli ayatollah e, in prospettiva, potrebbe farli cadere. Cosa che costituisce il vero sogno non solo di Netanyahu e dei suoi ma di tutta quella vasta galassia di Paesi che da tempo considerano l’Iran il vero elemento di destabilizzazione rispetto al Medio Oriente.
L’Iran è diventato un terminal dell’influenza politica ed economica in Medio Oriente di Russia e Cina, cioè dei Paesi che per l’Occidente odierno sono i «grandi Satana» da contrastare con ogni mezzo
Questo anche a causa delle politiche del regime iraniano, che dal 1979 a oggi non è riuscito (pur sapendosi isola sciita in un mare sunnita) a costruire una sola relazione costruttiva con alcuno dei Paesi dell’area. Ma soprattutto perché l’Iran era diventato un terminal dell’influenza politica ed economica in Medio Oriente di Russia e Cina, cioè dei Paesi che per l’Occidente odierno sono i «grandi Satana» da contrastare con ogni mezzo. Pur prudentissimi in questa crisi, Putin e Xi Jinping hanno troppi interessi in ballo per farsi prendere a pedate così. E questo è un ulteriore elemento che spinge a pensare che, Trump o non Trump, tra Israele e Iran non sia finita qui.
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