La dignità della Vita unisce laici e credenti

MONDO. «La vita è laicamente sacra» afferma Luciano Violante, ex presidente della Camera dei deputati intervenendo nel dibattito sul fine vita, specificando che «è sacro ciò che non può essere cancellato, a pena di dissolvere le ragioni stesse dell’umano».

Ora, poiché la vita e la morte trasmettono valori, «tanto il laico quanto il religioso possono convenire, sia pure attraverso strade diverse, sulla sacralità della vita e della morte». Ragionamento interessante. Spesso infatti la bioetica cristiana è stata identificata come un’etica della «sacralità della vita», mentre la bioetica laica come etica della «qualità della vita». Per la prima, la vita ha valore in sé poiché viene da Dio; per la seconda, conta la vita effettivamente vivibile e qualitativamente accettabile.

Sacralità della vita o della persona? Il nodo etico e filosofico

L’idea di una sacralità della vita è stata molto criticata perché porta avanti una concezione «magica» della vita e induce a un’esaltazione della vita «naturale» che non è scientifica. Inoltre si dice che dal comandamento «Non uccidere» si fa discendere la norma dell’intangibilità della vita, per cui si vieta ogni intervento su di essa. Quando invece la vita è a disposizione della volontà del singolo che la possiede. È bene però precisare che il carattere sacro non è riferito propriamente alla vita, ma alla persona umana. Ovviamente la persona ha un corpo, che merita il rispetto dovuto alla dignità stessa della persona. La tradizione biblica ci dice che l’uomo diviene «un essere vivente» grazie all’«alito di vita» che Dio soffia in lui (Gen 2,7). Questa relazione originaria è data a ogni uomo, anche a chi non la riconosce o non crede all’esistenza di Dio. In questo senso tutti possiamo dire che l a vita ci è stata donata. E precisamente donata alla nostra libertà. Lo stesso divieto di «Non uccidere» è sì una barriera negativa per difendere la vita da ogni violenza e abuso, ma è anche un comando positivo che invita a promuovere, curare e servire la vita delle persone. Di fatto la vita è nelle nostre mani. Pensiamo alla chirurgia prenatale, ai trapianti d’organo o alla rianimazione. La stessa manipolazione biotecnologica della vita sta in questo compito affidato all’uomo di essere responsabile di sé e degli altri. Quindi si può intervenire sulla vita fisica, purché sia per il bene integrale della persona.

Che cos’è il bene? Visioni etiche a confronto sul valore della vita

Cosa sia poi concretamente «il bene», ci sono visioni differenti. C’è chi ritiene che una donna incinta, se si accorge che il bimbo è malformato, lo possa abortire perché sarebbe fonte di malessere per lei o per evitare di mettere al mondo un infelice. Così una persona malata può essere aiutata a togliersi la vita se ritiene di non poter più sopportare le sofferenze o se considera la sua vita conclusa. Chi crede invece che la vita sia un dono anche nella sua imperfezione e che nessuno dovrebbe trovarsi nella condizione di voler morire, perché pur nella disabilità o nella vecchiaia, la sua presenza è sempre preziosa, allora il bene fondamentale della vita va tutelato e custodito. La vita umana essendo sempre vita di una persona, non varia nel suo valore a seconda delle abilità che ha acquisito o che ha perso o che non ha mai avuto. Piuttosto si può valutare come scarso o buono lo stato di salute.

Bioetica, pluralismo e dignità umana: il contributo di laici e credenti

In una società pluralista, come la nostra, tutti hanno diritto ad intervenire purché lo si faccia in modo costruttivo. Per esempio l’idea che all’essere umano appartenga una dignità inviolabile e che la sua persona meriti attenzione e cura dall’inizio fino al termine della sua esistenza, può essere condiviso da laici e credenti. Di certo va riconosciuta la rilevanza pubblica delle tradizioni religiose superando l’idea che la fede riguardi solo il privato. Mentre l’obiettivo di una bioetica secolarizzata di raggiungere un consenso generalizzato solo con argomenti razionali o «nuovi diritti» non sta avendo successo. La morale cristiana, nell’attuale contesto culturale, dovrà privilegiare la questione del senso della vita e mostrare come, partendo dalla fede, essa sia profondamente umana e non estranea all’ambito della ragione, che rimane aperta al mistero.

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