
(Foto di Ansa)
MONDO. Una sorta di «faro etico», e non solo per l’Italia. Non c’è enfasi nel tratteggiare in questo modo la figura di Sergio Mattarella, ma la presa d’atto di un uomo, prima ancora che di uno statista, che in questi anni incerti e carichi di tensioni internazionali, è stato uno dei pochi ad incarnare il senso più profondo della solidarietà umana e sociale.
Ha promosso un umanesimo istituzionale capace di tenere al centro del suo pensiero e del suo agire, senza retorica e senza ipocrisia, il rispetto dell’uomo e della sua dignità, soprattutto se fragile e indifeso. Il suo intervento in occasione della cerimonia del Ventaglio ne è stata l’ennesima dimostrazione. Un discorso netto e coraggioso, culminato in una dichiarazione così «cruda» - ma così vera - da lasciare tutti ammutoliti. «L’incredibile bombardamento della Parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza – ha detto il Capo dello Stato – è stato definito un errore. Da tanti secoli, da Seneca a Sant’Agostino, ci viene ricordato che “errare humanum est, perseverare diabolicum”. Si è parlato di errori anche nell’avere sparato su ambulanze e ucciso medici e infermieri che si recavano per dar soccorso a feriti sui luoghi più tragici dello scontro, nell’aver preso a bersaglio e ucciso bambini assetati in fila per avere acqua, per l’uccisione di tante persone affamate in fila per ottenere cibo, per la distruzione di ospedali uccidendo anche bambini ricoverati per denutrizione. E’ difficile, in una catena simile, vedere una involontaria ripetizione di errori e non ravvisarvi l’ostinazione a uccidere indiscriminatamente».
Nell’affermare con sincerità e fermezza che «il re è nudo», Mattarella non ha vestito i panni del bambino innocente della fiaba di Hans Christian Andersen, piuttosto quelli di uomo di Stato che ha fatto della verità e della giustizia valori indiscutibili, assoluti, trasformandoli in pietre angolari del proprio impegno e della propria passione civile.
Nell’affermare con sincerità e fermezza che «il re è nudo», Mattarella non ha vestito i panni del bambino innocente della fiaba di Hans Christian Andersen, piuttosto quelli di uomo di Stato che ha fatto della verità e della giustizia valori indiscutibili, assoluti, trasformandoli in pietre angolari del proprio impegno e della propria passione civile. E nel giorno in cui i portaborse di Putin lo bollano come «russofobo», il nostro Presidente non mostra alcun tentennamento nel criticare senza giri di parole l’atteggiamento dello zar Vladimir, ribadendo che «prosegue, angosciosa, la postura aggressiva della Russia in Ucraina: un macigno - riflette Mattarella - sulle prospettive del continente europeo e dei suoi giovani». Perché l’aggressione della Russia all’Ucraina ha cambiato la storia dell’Europa, tradendo – fa intuire il Capo dello Stato – le aspettative generate nel Vecchio Continente. «Quel grande Paese, che tale rimane, malgrado le gravi responsabilità che la sua attuale dirigenza si è assunta di fronte alla storia, e sulla cui collaborazione avevamo nutrito ampia fiducia nell’Unione Europea, ha assunto sempre più una sconcertante configurazione volta allo scontro di potenza militare».
Ancora una volta, Mattarella ha avuto il coraggio, raro tra i Capi di Stato e di governo in carica, di denunciare l’aspirazione di molti attori globali ad essere temuti piuttosto che stimati e ammirati. Ha parlato delle derive autoritarie, dell’informazione libera come baluardo della democrazia, dell’abuso della menzogna e delle fake news come arma di dominio. Ma – ha ammonito ancora il Presidente della Repubblica – «è la storia, maestra di vita, che insegna che fin tanto che non saremo riusciti ad eliminare dalla vita internazionale le tentazioni di dominio su altri popoli (ciò che più o meno equivale a voler eliminare il male dall’umanità), è l’equilibrio che impedisce di seguire le tentazioni di dominio». Un equilibrio che dal 2022 non c’è più ma che è necessario ripristinare per preservare la pace, non per continuare pervicacemente a perseguire la guerra.
Anche il Papa non ha esitato a puntare il dito contro il cinismo di chi considera il dolore umano una variabile secondaria. Mattarella e Leone XIV – ciascuno nelle proprie funzioni – parlano con la stessa lingua. Quella della verità, della Costituzione e del Vangelo rappresentando uno scudo contro l’indifferenza
A condividere lo sguardo di Mattarella sulle tragedie che il mondo sta vivendo c’è anche Papa Leone XIV. Pur con una dialettica profondamente diversa da quella del suo predecessore, il Pontefice ha più volte denunciato la crudeltà sistemica delle guerre, dove la propaganda giustifica ogni orrore, e le potenze sembrano più interessate a mantenere il proprio dominio che a garantire diritti, vita, dignità. Anche il Papa non ha esitato a puntare il dito contro il cinismo di chi considera il dolore umano una variabile secondaria. Mattarella e Leone XIV – ciascuno nelle proprie funzioni – parlano con la stessa lingua. Quella della verità, della Costituzione e del Vangelo rappresentando uno scudo contro l’indifferenza.
Mattarella si pone come l’antitesi del populismo: non grida, non polarizza, non divide, ma dimostra che si può essere autorevoli senza essere autoritari, che l’integrità è ancora possibile in politica. Mattarella - in cui il cattolico e il giurista si fondono sino ad essere una cosa sola - è la prova che lo Stato non è una macchina distante e indifferente, ma può avere un volto umano. In un tempo in cui anche l’Europa fatica a definire la propria identità (le vicende degli ultimi mesi ne sono la dimostrazione più evidente), la sua voce si alza a ricordare che la sovranità non è chiusura, ma condivisione. «Ciò che non giova all’alveare - diceva l’imperatore filosofo Marco Aurelio - , non giova neppure all’ape».
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