La Nato si allarga ancora: con la guerra in Ucraina sconfitta la neutralità

Il rischio di un allargamento della tragedia ucraina rimane elevato. Ecco la ragione per cui Stati tradizionalmente neutrali come la Finlandia e la Svezia hanno chiesto e ottenuto di aderire all’Alleanza atlantica. Se uno degli obiettivi di Putin era quello di evitare l’allargamento della Nato, il Cremlino è riuscito a scatenare un meccanismo esattamente contrario.

E a nulla varranno le dichiarazioni, interpretate come minacciose da Helsinki e Stoccolma, che Mosca riposizionerà le sue infrastrutture militari al confine nord-occidentale. I precedenti storici della «Guerra d’inverno» indurranno i finlandesi a non fidarsi. Dal 24 febbraio la situazione strategica ha subito una rivoluzione. Per poter essere sicuri di avere la possibilità di crescere i propri figli in pace e di non essere costretti ad essere soggetti ad imposizioni altrui - con la scusa di fantasie geopolitiche da Novecento - serve fare parte a pieno titolo del mondo occidentale. La neutralità storica conta ormai a poco davanti a chi non rispetta alcuna regola e mostra in continuazione le armi.

A posteriori persino il criticato allargamento dell’Unione europea nel Baltico e nella Mitteleuropa nel 2004 si è dimostrato corretto, come l’adesione alla Nato di gran parte di questi Paesi tra il 1999 e il 2004. È vero, i nuovi membri Ue non condividevano allora alcuni dei valori europei, ma davanti a certe necessità geopolitiche - giustificate dalla difesa della libertà, della democrazia, dai drammatici eventi del «Secolo breve» - si è proceduto ugualmente.

Cosa sarebbe successo oggi nelle Repubbliche baltiche se esse non fossero già parte della Nato, Paesi è bene ricordarlo con alle spalle le tragedie degli anni Quaranta con l’inclusione forzata nell’Urss e le deportazioni delle élite in Siberia?

Cosa sarebbe successo oggi nelle Repubbliche baltiche se esse non fossero già parte della Nato, Paesi è bene ricordarlo con alle spalle le tragedie degli anni Quaranta con l’inclusione forzata nell’Urss e le deportazioni delle élite in Siberia? Davanti alla presidenza polacca, prima dell’adesione all’Ue, non lo si dimentichi, il vessillo della Nato sventolava ben in vista affianco a quello nazionale, e sembrava che per il primo si fosse scelto un pennone persino più alto. In queste settimane in Estonia si vedono quasi più bandiere ucraine che nazionali; in Polonia è fuggita la grande massa dei profughi dalla guerra e Varsavia sta fornendo loro il massimo sostegno.

Se si vuole trarre un primo insegnamento da questa drammatica vicenda è che il 24 febbraio sono usciti sconfitti sia il concetto di neutralità come lo abbiamo conosciuto finora - ad esempio anche la Svizzera si è unita alle sanzioni - sia una certa idea di pacifismo, secondo la quale il semplice stare lontano dai guai aiuti a scampare i pericoli.

Se si vuole trarre un primo insegnamento da questa drammatica vicenda è che il 24 febbraio sono usciti sconfitti sia il concetto di neutralità come lo abbiamo conosciuto finora - ad esempio anche la Svizzera si è unita alle sanzioni - sia una certa idea di pacifismo, secondo la quale il semplice stare lontano dai guai aiuti a scampare i pericoli. Non è così. La lezione di queste settimane è che se c’è qualcuno che vuole menare le mani, soltanto la deterrenza evita o limita il rischio di venire travolti. L’alzare all’infinito il prezzo dello scontro è una delle tattiche seguite dall’attuale dirigenza del Cremlino. Si andrà verso un’ulteriore escalation di violenza? Difficile prevederlo. Dopo l’Ucraina altri Paesi verranno toccati da questo incendio? La speranza è che ci si fermi. Ma è meglio non fidarsi di chi capisce solo la politica dei muscoli.

In ultimo: il popolo russo è anch’esso una vittima di questa tragedia. È vero, le classi meno istruite, ubriacate da un decennio di propaganda, sono favorevoli alla «campagna speciale», sempre che non sia necessario spedire il proprio figlio a morire. Ma le medio-alte, contrarie, stanno perdendo tutto o quasi, tra posti di lavoro e risparmi in bilico e la volontà di respirare lontano aria più salubre. Il non aver fatto i conti con il proprio terribile passato è per la Russia una causa di questa spaventosa tragedia.

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