La palude ucraina è al punto di partenza

MONDO. Con lo scoppio della crisi mediorientale l’Occidente ha visto aprirsi, a sorpresa, un altro fronte.

Politici e mass media mondiali sono stati così costretti a concentrarsi sulla nuova tragedia, della quale, francamente, se ne sarebbe fatto a meno. La domanda che adesso si pone l’opinione pubblica internazionale è se l’Ucraina sia stata lasciata da sola. Da dopo il 7 ottobre, se si consultano le cronache ufficiali, non vi sono state visite rilevanti di politici stranieri a Kiev o il presidente Zelensky è stato in viaggi di particolare importanza all’estero, e pochissimi sono stati gli articoli, i reportage e i servizi televisivi pubblicati ovunque, in Europa o negli Stati Uniti.

Allora che succede? Quella mediorientale è una tragedia più grave di quella ucraina? Oppure semplicemente il nuovo attrae più del vecchio? Oppure ancora, ci si è stufati a un dramma, quello nell’Est europeo, che ha esaurito per ora i temi disponibili? Per prima cosa serve osservare che i tradizionali tempi lunghi dei conflitti non corrispondono a quelli delle realtà virtuali dell’epoca della globalizzazione. Le odierne «società WhatsApp» si attendono risposte immediate e non tollerano le attese. Di conseguenza il protrarsi, oltre un certo limite di tempo, di drammi pur toccanti annacqua i sentimenti e le reazioni della gente.

Secondo. Il deficit di attenzione delle masse di oggi, spesso lontane da decenni - per loro buona sorte o per la saggezza dei loro passati governanti - da certe tragedie, porta a sottovalutare le cause di quanto sta avvenendo: l’Ucraina è stata aggredita; mentre gli ebrei sono stati massacrati in una versione moderna di un «pogrom». Ma non solo: l’Occidente, il suo modo di vivere e la democrazia sono sotto attacco. Quindi, tornando alla domanda iniziale, la risposta è che l’Ucraina non è stata lasciata da sola. Si è solo abbassato il livello generale d’interesse, finora tenuto a livelli esponenziali - forse eccessivi - a causa della gravità della minaccia. Tuttavia gli aspetti economico-militari e finanziari del sostegno a Kiev - quelli più importanti - non hanno affatto segnato il passo. Anzi. È vero, l’opinione pubblica internazionale appare oggi stanca della tragedia russo-ucraina, ma non è lei che combatte e muore o vede le sue città distrutte. Il suo compito è solo quello di sostenere le vittime.

È inutile negarlo: la situazione rimane disperata, poiché all’orizzonte non si vedono soluzioni né sui campi di battaglia né sui tavoli diplomatici. Insomma, una palude. Manca soprattutto la volontà politica di fermarsi per trovare definitivi accomodamenti. È deprimente sfogliare le cronache degli ultimi giorni: la Russia ha tenuto il 25 ottobre un’esercitazione delle unità strategiche lanciando missili intercontinentali; è uscita dal trattato sul bando degli esperimenti nucleari; alcuni suoi politici hanno attaccato pesantemente, per fortuna a parole, la Polonia, membro Nato. Polacchi e bielorussi stanno litigando su presunti sconfinamenti aerei.

In sintesi, il mostrare continuamente i muscoli e l’alzare la posta all’infinito restano il «modus operandi» di questi terribili mesi. L’importante è che non succeda il patatrac e si perda il controllo degli eventi come nel 1914. In ultimo, fin da prima del 24 febbraio 2022 la Russia - che, malgrado le apparenze, è oggi tutt’altro che in buona salute - è disponibile ad aprire un negoziato, ma alle sue condizioni «capestro». L’Ucraina è d’accordo a trattare, ma che prima i russi liberino i territori occupati fin dal 2014. Siamo dunque al solito punto di partenza

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