La retorica di guerra smontata dal Pontefice

MONDO. Nessuno ha il coraggio di Papa Leone XIV. Nessuno come lui parla con lucida e drammatica chiarezza. Nessuno denuncia il normale stato di guerra del mondo di oggi.

Il Messaggio del Papa per la prossima Giornata della pace è un’invettiva tremenda, un’accusa e un rimprovero mai così aspro. Prevost spiega che la follia ormai è tra noi e sta divorando ogni razionalità, al punto di considerare «una colpa» il fatto che «non ci si prepari abbastanza alla guerra». Il nodo sta tutto qui. È spaventoso, orrendo e orribile. Ma è la realtà di una guerra mondiale sempre meno a pezzi. Le analisi del Messaggio di Leone fanno paura, perché svelano una retorica che sembrava archiviata. Invece è ancor lì g agliarda a farcire tutti i summit di leader sempre più ossessionati a giustificare la necessità della guerra e un’accelerazione che diventa un salto di qualità verso un conflitto globale.

Prevost spiega che la follia ormai è tra noi e sta divorando ogni razionalità, al punto di considerare «una colpa» il fatto che «non ci si prepari abbastanza alla guerra». Il nodo sta tutto qui.

Leone prende a prestito una frase di Giovanni XXIII, il Papa della «Pacem in terris». Era l’11 aprile 1963 e Roncalli a proposito della paura e del dominio della forza sul diritto, il dialogo, la fiducia, la diplomazia scriveva che «gli esseri umani vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi in ogni istante con una travolgenza inimmaginabile». E concludeva: «Giacché le armi ci sono». Oggi siamo nella stessa situazione e di armi ce ne sono sempre di più. Arsenali così colmi e programmi militari industriali così ricchi e sofisticati mai si sono registrati. Dall’anno scorso le aziende belliche hanno ampliato a dismisura le loro linee di produzione che invece avevano visto un rallentamento in passato dopo la guerra fredda. Il capitalismo della finanza, indebolito dalle crisi ricorrenti, ha virato sul capitalismo bellico e la produzione e il commercio delle armi salva i rendimenti. La prova è nella folle e temeraria idea che sta tentando anche la Bce e cioè emettere bond finalizzati al riarmo, come ha fatto intendere Chistine Lagarde due giorni fa. Bisogna dare atto alla signora delle finanze europee di aver parlato chiaro e di aver posto la questione del capitalismo militare, insomma di aver gettato la maschera.

Oggi la speculazione più conveniente e ed efficace in Europa è quella della produzione bellica. Lo hanno capito tutti, ma nessuno lo vuole ammettere.

Oggi la speculazione più conveniente e ed efficace in Europa è quella della produzione bellica. Lo hanno capito tutti, ma nessuno lo vuole ammettere. Si respira soprattutto in Europa una retorica da Prima guerra mondiale con la sola differenza che allora si esaltavano la guerra offensiva e il fatalismo politico necessario della «trincerocrazia» oggi invece la si camuffa con il dilemma della sicurezza, della difesa, dell’urgenza morale delle democrazie di volere l’unica pace giusta e possibile, quella che nasce dalla preparazione alla guerra. Il disarmo come prospettiva sincera per l’intera umanità è considerato nel migliore dei casi una stravaganza e nel peggiore, secondo Leone XIV, una colpa. Ormai il welfare, la grande intuizione dell’Europa del XX secolo, è stato sgominato da warfare, stato di guerra permanente, al quale nessuno, se non pochi sconsiderati tra cui il Papa, si oppongono. Leone ha scovato a questo proposito un’altra citazione perfetta nella Pacem in terris e ne fa un altro punto cruciale del Messaggio di ieri, e cioè l’appello di Roncalli a smontare «anche gli spiriti, adoprandosi sinceramente a dissolvere in essi la psicosi bellica».

Ma la direzione sembra un’altra e l’unico senso di urgenza è per tutti di fare acquisti militari e perfino di ristrutturare l’identità europea come comunità bellica. E il Papa aggiunge anche con l’aiuto dei «media» che «diffondono la percezione di minacce e trasmettono una nozione meramente armata di difesa e sicurezza». C’è molto da pensare e molto da vergognarsi.

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