La riforma e le inchieste: dietrologia e domande

ITALIA. Sarà un caso, ma mentre cammina a ritmo sostenuto l’approvazione parlamentare della riforma costituzionale della giustizia, contemporaneamente il «campo largo» del centrosinistra viene devastato dalle inchieste giudiziarie.

C’è chi ci vede un estremo tentativo delle toghe di fermare la più odiata delle riforme: la separazione delle carriere tra magistratura requirente e magistratura giudicante. Può essere un eccesso di dietrologia ma nemmeno tanto. Vediamo perché. Come dicevamo, la riforma costituzionale della giustizia ha superato il secondo giro di boa. Il testo tornerà alla Camera per il terzo voto favorevole e infine toccherà al Senato mettere il sigillo alla riforma che era nei sogni inappagati di Silvio Berlusconi: dividere i magistrati, da una parte i membri delle Procure, dall’altra i giudici dei Tribunali. Due Consigli superiori distinti fra loro vigileranno sul governo delle magistrature mentre le correnti delle toghe - che servono a decidere gli organigrammi secondo appartenenze per aree politico-culturali - subiranno una dura batosta con il metodo dell’estrazione a sorte dei componenti dei consigli.

La sinistra e Anm

Allo stesso modo le sanzioni disciplinari - oggi rarissime - sarebbero irrogate da un organismo molto più ampio e difficile da controllare. Ebbene, contro tutto ciò la sinistra e l’Anm, che per la destra sono un’unica cosa, stanno cercando di battersi e di far deragliare il treno del centrodestra in nome della difesa dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura costituzionalmente tutelate: il governo, dicono all’unisono, in realtà vuole sottoporre le Procure al potere politico in modo tale da condizionarne l’azione e proteggere la politica dalle «intrusioni» dei giudici.

Il campo dunque è sempre lo stesso: da una parte la destra con i suoi progetti ormai quasi quarantennali, dall’altra il partito delle «toghe rosse» , quelle che secondo forzisti, leghisti e fratelli d’Italia, hanno fatto un uso politico della giustizia colpendo i nemici e non toccando gli amici

Il campo dunque è sempre lo stesso: da una parte la destra con i suoi progetti ormai quasi quarantennali, dall’altra il partito delle «toghe rosse» , quelle che secondo forzisti, leghisti e fratelli d’Italia, hanno fatto un uso politico della giustizia colpendo i nemici e non toccando gli amici.

E invece cosa sta succedendo? Che è in corso un’autentica offensiva giudiziaria proprio nei confronti di questi ultimi, e cioè le amministrazioni di sinistra delle città e delle Regioni. Tutto è cominciato con il «caso Milano», l’inchiesta che colpisce il Comune guidato da Giuseppe Sala, gli assessori, gli urbanisti e gli imprenditori edili, e sfiora anche il sindaco, un uomo che da più parti viene considerato un possibile leader riformista del centrosinistra nazionale. Scoppia un focolaio anche in Piemonte, ma soprattutto esplode il «caso Marche»: il candidato di centrosinistra alla presidenza della Regione, l’ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci, dato per vincente sul presidente uscente, il destro Francesco Acquaroli, è stato raggiunto da un avviso di garanzia proprio nel momento in cui venivano convocati i comizi elettorali. A Pesaro l’atto dei pm (24 indagati in totale) è stato visto come un aiuto provvidenziale a Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni fortemente preoccupato di perdere una regione chiave.

Le inchieste sparigliano

Milano, Pesaro, Torino, e poi anche Bari con l’inchiesta dell’Anac su Michele Emiliano per essersi autonominato in un ente di gestione controllato dalla Regione. Che sta succedendo? Che sia finita l’antica intesa che lega la sinistra a una parte della magistratura, quella più militante? Oppure, come fanno notare i più maliziosi, ci si sta preparando al referendum confermativo sulla riforma della giustizia (ci sarà presumibilmente nel 2026) quando l’Associazione magistrati potrà snocciolare un discreto numero di indagati, accusati e magari condannati tra le fila della sinistra per poter dimostrare la propria imparzialità? Forse, come dicevamo, la domanda pecca di un eccesso di dietrologia ma non è detto che sia infondata.

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