La Russia e la tenaglia energetica di Trump

MONDO. La missione di Donald Trump in Asia è appena cominciata e si presterà a molteplici livelli di lettura. Ce n’è almeno uno che riguarda da vicino noi europei, sia per la sicurezza futura del continente (leggi: guerra in Ucraina e rapporto con la Russia) sia per gli approvvigionamenti energetici da cui dipendiamo (leggi anche: bollette future per cittadini e imprese).

Per capire il perché partiamo dalla più importante decisione di Washington delle ultime ore, cioè l’imposizione di dure sanzioni su due primarie società petrolifere russe, Lukoil e Rosneft. Si tratta di una misura di per sé simbolicamente importante, considerato che parliamo di due aziende che da sole producono all’incirca la metà dell’oro nero di Mosca, e visto che dalla vendita di gas e petrolio dipende un quarto del bilancio statale della Federazione russa. Sulla carta, dunque, si tratta di un duro colpo alle capacità di finanziamento della macchina bellica di Putin, per parafrasare il Segretario al Tesoro statunitense Bessent.

L’incontro tra Trump e Xi Jinping

L’efficacia delle sanzioni potrebbe essere ampliata dai loro effetti «secondari», cioè dalla capacità di coinvolgere e penalizzare tutte quelle aziende straniere che fanno affari con Lukoil e Rosneft. In questo senso sarà decisivo il faccia a faccia di giovedì prossimo tra Trump e Xi Jinping. Il Presidente americano ha detto di voler portare al tavolo con l’omologo cinese il problema delle forniture di petrolio russo: «Penso che ne parleremo sicuramente. Quello di cui parlerò con lui è come porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina, che sia attraverso l’energia, il petrolio o qualsiasi altra cosa», ha detto. Aggiungendo che Xi ha «una grande influenza» su Putin. Dunque, uso esplicito della leva energetica e tentativo di far convergere anche Pechino su questa forma di pressione economica. Certo Xi potrebbe trovare un modo per «ammorbidire» la posizione americana, a dire il vero grazie alla potenza di Pechino è già accaduto su altri fronti, ma è un dato di fatto che al momento le principali compagnie petrolifere statali cinesi hanno sospeso gli acquisti di petrolio russo via mare dopo le sanzioni Usa.

Il petrolio russo in India

Se Trump ottenesse ascolto da Xi, vedremmo replicato lo schema già visto all’opera da parte degli Stati Uniti rispetto all’altro colosso asiatico, l’India. Washington nelle scorse settimane aveva imposto dazi maggiorati su Nuova Delhi in ragione dei suoi acquisti di petrolio da Mosca. All’inizio era sembrato che l’India tirasse dritto come nulla fosse, adesso invece – secondo indiscrezioni di stampa – le raffinerie indiane sarebbero pronte a ridurre drasticamente le importazioni di oro nero russo per conformarsi alle sanzioni americane, magari in cambio di un cambiamento di postura a stelle e strisce sul fronte dei dazi. Si tratterebbe di una svolta radicale per le finanze pubbliche di Mosca, visto che nei primi 10 mesi di quest’anno l’India da sola ha acquistato il 40% del petrolio esportato dalla Russia. Dopo l’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022, infatti, da una parte è crollato l’export di petrolio russo verso Stati Uniti ed Europa, ma dall’altra è aumentato del 50% quello verso la Cina e addirittura del 1.800% quello verso l’India.

Il contributo europeo

La tenaglia diplomatico-energetica di Trump, infine, per avere ancora maggiore effetto deve poter fare affidamento sul contributo europeo e in generale di tutti gli alleati del G7. Vanno valutate positivamente, a questo proposito, tre misure contenute nell’ultimo pacchetto di sanzioni appena varato da Bruxelles. Primo, il divieto graduale di importazione di gas naturale liquefatto (Gnl) dalla Russia: sei mesi per i contratti a breve termine e dal 1° gennaio 2027 per i contratti a lungo termine. Inoltre, l’inasprimento del divieto di transazione per due importanti compagnie petrolifere russe e sanzioni per 117 nuove navi della “flotta ombra” (divieto di accesso ai porti, restrizioni ai trasferimenti da nave a nave e riassicurazione). Infine, l’ampliamento dei criteri di inserimento nell’elenco per i porti di Paesi terzi utilizzati per eludere le sanzioni relative al petrolio.

Come europei avremmo tutto l’interesse a che questa «tenaglia» si stringa quanto prima attorno ai rubinetti energetici di Mosca, così da convincere il Cremlino a un cessate il fuoco e quindi di nuovo al tavolo delle trattative. Al cospetto di colossi mondiali sempre più autoritari e bellicisti, sarebbe saggio per l’Occidente ricompattarsi a partire dall’arma energetica.

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