L’alleato Orban, il governo in difficoltà

MONDO. Il caso di Ilaria Salis, l’attivista dei Centri sociali sotto processo in Ungheria con l’accusa di aver assalito gruppi neonazisti e la cui detenzione in catene ha scandalizzato mezza Europa, sta creando anche un caso politico italiano.

Per essere esatti, la questione si è aperta soprattutto nel governo e nella maggioranza. Il problema del centrodestra si chiama Orban. Il premier ungherese è uno stretto alleato di Giorgia Meloni ed essendo stato espulso dal Ppe, è candidato ad entrare nel raggruppamento europeo dei Conservatori di cui la Meloni è leader. Ma è proprio il governo di Orban che sta mostrando al mondo una cittadina italiana in manette, con i ceppi ai piedi e addirittura portata al collare da una guardia: il governo italiano ovviamente deve intervenire per richiamare gli ungheresi al rispetto dei diritti dei detenuti, e infatti sia il ministro Tajani che il dicastero della Giustizia si sono mossi (meno chiaro invece è l’atteggiamento della nostra ambasciata a Budapest), mentre la presidente del Consiglio non ha ancora pronunciato una sola parola. Ha preferito trattare la questione in privato, al telefono, con il collega ungherese ripromettendosi di riprendere la questione oggi a Bruxelles a margine del vertice Ue. Situazione imbarazzante anche perché cade nel pieno della trattativa sottotraccia per la quale Ursula von der Leyen ha incaricato la Meloni di far capire a Orban che se continua con la sua linea filo Putin in politica estera, la Ue è pronta a fargliene pagare il prezzo in termini economici sospendendo gli aiuti all’Ungheria.

Insomma, non ci voleva proprio questo «incidente», anche perché in Italia le opposizioni sparano alzo zero, una volta tanto unite, proprio contro la presidente del Consiglio che non difende con parole chiare una concittadina trattata come un animale e anche contro il ministro dell’Agricoltura che si dimostra talmente imbarazzato da dire in televisione che lui le immagini del processo - quelle che hanno fatto il giro del mondo - proprio non ha avuto il tempo di vederle e dunque non può commentare. In questa situazione di difficoltà politico-diplomatica in cui si trova Meloni, arriva Salvini a cercare di cogliere con poca fatica un risultato politico importante presso il suo elettorato. E così il leader della Lega attacca senza risparmiarsi non i giudici e la polizia ungheresi ma l’imputata ammettendo che sì, le catene sono uno spettacolo non bello, ma è giusto che la Salis venga processata in Ungheria e che lui una maestra elementare così proprio non vorrebbe «che insegnasse ai suoi figli o a qualunque altro bimbo», oltretutto dopo aver subìto un altro processo per violenza in Italia. Salvini fa riferimento a dei fatti del 2017 - l’assalto ad un gazebo della Lega a Monza - affermando che la Salis sarebbe stata processata per il coinvolgimento in quell’assalto.

«Tutto falso» ha immediatamente smentito l’avvocato dell’attivista, «dai quei fatti la Salis fu scagionata immediatamente perché riconosciuta estranea ai fatti come dimostrano i video girati quel giorno». Nonostante la smentita, la Lega insiste che occorrerebbe ancora fare chiarezza su quella vicenda e tutti gli esponenti salviniani fanno coro al leader prendendosi così uno spazio politico che Fratelli d’Italia, per le ragioni sopra esposte, non può occupare; anzi è costretto a subire l’intraprendenza dell’alleato-concorrente che si sente da tempo in piena campagna elettorale per le vicine europee. Salvini del resto deve a tutti i costi ottenere per la Lega un risultato elettorale almeno pari a quello delle ultime Politiche (8,8%): se andasse sotto il minimo vitale si aprirebbe un caso politico tutto interno alla Lega e alla sua leadership.

© RIPRODUZIONE RISERVATA