Lavoratori stranieri, molto più di una guida

ECONOMIA. Aiutare i lavoratori stranieri a districarsi nel complesso meccanismo del sistema pensionistico e previdenziale italiano. Fatto di mille regole che cambiano a ogni mutar di governo. Un rebus per noi italiani, figuriamoci per chi parla un’altra lingua e che magari non nel Paese d’origine non ha mai nemmeno sentito parlare della rendita post occupazione.

Nasce principalmente per questo scopo il «vademecum pensionistico i lavoratori stranieri in Italia» messo a punto da Confindustria Bergamo con la collaborazione del Patronato Acli. L’iniziativa arriva in un momento in cui il numero dei lavoratori stranieri che in Bergamasca hanno maturato il diritto all’assegno pensionistico è davvero irrisorio: poco meno di 7mila a fronte di 83mila in attività. Nessuna emergenza da gestire, dunque. Quella dell’associazione degli industriali bergamaschi, appare, piuttosto, come un investimento sul futuro.

Accendere riflettori sulla pensione, un obiettivo di lungo periodo anche per noi italiani, significa passare dalla logica della semplice accoglienza dello straniero sotto la spinta dell’urgenza o del bisogno, a quella di una vera integrazione. Vuol dire un cambio di prospettiva, mettersi nell’ottica di offrire un progetto di vita di lungo periodo che prevede un lavoro sicuro e pagato il giusto. Una stabilità economica che permette di pensare a costruire una famiglia, ad avere dei figli su cui investire e quindi di attivare tutte quelle opportunità di inserimento nella rete sociale in un Paese diverso da quello in cui uno è nato. Sentirsi, appunto, integrato.

Oggi l’economia bergamasca per sostenere i ritmi di crescita cui si è abituata ha bisogno di poter contare su una forza lavoro stabile e di qualità ma in molti settori il personale è introvabile (commercio, trasporti, cooperazione), ma pure l’industria soffre. Nei prossimi 10 anni, a causa del calo demografico, mancheranno 50mila lavoratori. Il contributo degli immigrati, è fondamentale. Anche gli ultimi dati dell’Osservatorio provinciale del lavoro relativi al terzi trimestre 2023 certificano che quasi il 30 per cento dei contratti attivati in Bergamasca riguarda personale straniero. Perdere questo contributo significherebbe togliere inevitabilmente forza al sistema economico bergamasco. Pensiamo al flusso di immigrati, dall’Africa in particolare, che hanno contribuito, e continuano a farlo, al successo delle aziende del distretto della gomma del Sebino, alla filiera delle costruzioni, al mondo del turismo e della ristorazione. Lo stesso settore dell’assistenza e della cura dei bambini e degli anziani andrebbe in tilt, costringendo molte donne a rinunciare al lavoro per occuparsene.

Da anni le imprese bergamasche rappresentano uno dei principali «motori di integrazione» degli immigrati, al di là di cerca retorica politica da festival. Le nostre imprese in genere dimostrano una significativa responsabilità sociale anche nella gestione ordinaria, attraverso il sostegno al ricongiungimento familiare, o agli orari compatibili con le pratiche religiose.

Oggi siamo di fronte in molti casi a stranieri di seconda ma pure di terza generazione, nati quindi in Italia anche se privi di cittadinanza (ma questo è un altro discorso). Lavoratori in gran parte dei casi con un titolo di studio (i laureati sono in crescita) anche se la richiesta costante di manodopera continua ad attingere dai nuovi flussi migratori provenienti, in particolare, dal Sud del mondo.

Rafforzare le buone pratiche di integrazione - e il vademecum sulle pensioni di Confindustria Bergamo è u esempio - significa contribuire, nel so piccolo, a mettere finalmente la parola fine all’approccio emergenziale, per affrontare il tema dell’immigrazione come elemento strutturale della nostra società e della nostra economia. Da gestire con intelligenza e sano pragmatismo.

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