Le critiche alla manovra non spostano la linea

Il commento. Sulla manovra economica del Governo alle critiche di Confindustria, Banca d’Italia, Ufficio parlamentare per il Bilancio, Corte dei Conti, si sono unite quelle di Cgil, Cisl e Uil. I tre sindacati confederali però, come succede da tanto tempo, si dividono sul da farsi: Cgil e Uil annunciano il ricorso alla piazza e procedono spediti verso uno sciopero generale a metà dicembre, la Cisl invece prende una posizione più morbida e non si «mobilita», vede nell’atteggiamento del governo una qualche disponibilità al dialogo.

In realtà, Meloni, difendendo l’impianto della manovra, ha concesso solo la disponibilità ad alcuni possibili miglioramenti da fare in Parlamento, e stiamo parlando dell’Opzione Donna, dell’indicizzazione delle pensioni più alte, del congedo da estendere ai padri. Qualche apertura anche sul criticatissimo limite entro cui l’uso del Pos non è obbligatorio e sul Superbonus.Ma a patto che non venga richiesto alcuno «snaturamento» ha detto la presidente del Consiglio salutando i segretari confederali prima di volare a Milano per il suo esordio mondano all’inaugurazione della Scala insieme al presidente Mattarella, a Ursula von der Leyen, a Ignazio La Russa e ai due ministri Sangiuliano e Casellati.

Una rispolverata all’immagine pubblica al termine di un cammino in cui Meloni ha dovuto respingere i tanti attacchi all’impostazione data dal suo governo alla manovra economico-finanziaria. Che ha dei punti fermi che comunque non si toccano: a cominciare dal definitivo ridimensionamento del Reddito di Cittadinanza e all’ampliamento della flat tax per le partite Iva dei lavoratori autonomi. E anche sul cuneo fiscale non ci sono i margini per cambiare, almeno per ora: «Mancano le risorse». In effetti, che la coperta sia corta lo hanno capito tutti, come è chiaro che occorre continuare a garantire a Bruxelles, a Francoforte e ai mercati (cioè agli investitori che comprano i nostri titoli pubblici) che sui conti dello Stato il governo non farà di testa sua ma manterrà gli impegni presi a suo tempo dal governo Draghi. In parallelo, palazzo Chigi fa sapere di essere impegnato a raggiungere tutti gli obiettivi 2022 per ottenere la nuova tranche di finanziamento europeo per il Pnrr: nel frattempo è saggiamente sparita l’accusa al governo Draghi di non aver raggiunto (in luglio) gli obiettivi da centrare entro dicembre.

In ogni caso, anche se ci sarà uno sciopero generale e le critiche si moltiplicheranno, a meno che non arrivi una bocciatura (improbabile) dalla Commissione europea, non si incrinerà la determinazione di Giorgia Meloni di mantenere il più possibile le promesse fatte dal centrodestra in campagna elettorale.

Del resto, è una coerenza che sta pagando. Le ultime rilevazioni (Supermedia SWG) ci dicono che Fratelli d’Italia sta ancora crescendo nel favore dei cittadini ed è ad un passo dal 30 per cento, e che l’intera coalizione al governo supera il 46 per cento. È vero che cresce solo il partito di Meloni mentre Lega e Forza Italia vivacchiano o perdono qualche decimale, ma il complesso dei numeri dice una parola chiarissima: stabilità. Tanto più che le opposizioni, impegnate più che altro a combattersi tra loro o a cercare un’identità perduta, continuano a calare come somma e come singoli. Con un particolare che aumenterà la conflittualità: ormai il movimento di Conte è stabilmente sopra il Pd collocandosi al secondo posto mentre il Terzo Polo di Calenda e Renzi non riesce a fare il sorpasso su una Lega peraltro in seria sofferenza.

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