L'Editoriale / Bergamo Città
Sabato 06 Dicembre 2025
L’indultino bocciato già ai nastri di partenza
ITALIA. Triste e breve epilogo di una triste storia, purtroppo già tristemente vista e rivista. I protagonisti questa volta sono il presidente del Senato Ignazio La Russa e l’alleato e vicepresidente del Consiglio Alfredo Mantovano.
Il primo, in un’occasione non istituzionale (un dibattito per la presentazione del libro di Gianni Alemanno e Fabio Falbo, detenuti a Rebibbia) ha proposto un mini-indultino per chi sta scontando il fine pena, il secondo, a stretto giro, ha fatto capire che non se ne parla proprio, e che il governo è anzi impegnato nella costruzione di nuove carceri per fronteggiare l’enorme numero di detenuti.
Così un’iniziativa un po’ naïf (far passare il Natale a casa a una piccola fetta di detenuti giunti a fine pena), probabilmente animata anche da buone intenzioni (non è un mistero che La Russa sia un sostenitore di un alleggerimento del sistema penitenziario, lo ha già proposto in passato), si è scontrata con la mancanza di una seria condivisione politica: un castello di carte crollato al primo colpo d’aria.
Diamo qualche numero aggiornato al 30 novembre: 63.868 i detenuti per una capienza regolamentare di 51.275 posti; di questi, 20.211 gli stranieri; 9.714 quelli in attesa del primo giudizio; a Bergamo, sempre al 30 novembre, erano 588 detenuti, in celle che ne potrebbero contenere al massimo 319. Dall’inizio dell’anno in Italia 73 detenuti si sono tolti la vita e sono ancora 24 i bambini che vivono dietro le sbarre con le loro mamme.
Su questa vicenda, è il caso di ricordare l’effetto amplificato che messaggi del genere provocano nelle celle sovraffollate, specialmente sotto le feste, quando, come è naturale che sia, la mancanza degli affetti si fa più sentire. La combinazione reiterata di aspettativa e frustrazione può avere effetti anche devastanti sulle dinamiche carcerarie, sulle gerarchie interne, sui rapporti di forza con le istituzioni, per non parlare delle famiglie dei detenuti.
Come ha sintetizzato con cinismo tagliente Adriano Sofri sul Foglio: «I dibattiti sulla decarcerizzazione sono in proporzione inversa all’aumento della popolazione detenuta». Diamo qualche numero aggiornato al 30 novembre: 63.868 i detenuti per una capienza regolamentare di 51.275 posti; di questi, 20.211 gli stranieri; 9.714 quelli in attesa del primo giudizio; a Bergamo, sempre al 30 novembre, erano 588 detenuti, in celle che ne potrebbero contenere al massimo 319. Dall’inizio dell’anno in Italia 73 detenuti si sono tolti la vita e sono ancora 24 i bambini che vivono dietro le sbarre con le loro mamme.
Cosa vogliano dire questi numeri, è quasi inutile spiegarlo: celle sovraffollate e promiscuità, difficoltà ad accedere ai servizi (istruzione, attività di risocializzazione, screening sanitari, assistenza psicologica), tempi allungati nelle cosiddette «domandine» (tutto in carcere passa dalle famigerate «domandine», che sono le istanze attraverso cui passano le richieste dei detenuti per fare praticamente qualsiasi cosa fuori dall’ordinario), tensione alle stelle e personale penitenziario (sottodimensionato) sotto stress per la gestione di bisogni superiori alle forze in campo.
tutto ciò significa un’altissima probabilità di rimettere in libertà, giunte a fine pena, persone che torneranno a delinquere, perché non hanno avuto accesso a nessuna alternativa allo stile di vita che li ha portati in carcere
Volendola vedere solo sotto l’aspetto della sicurezza, tutto ciò significa un’altissima probabilità di rimettere in libertà, giunte a fine pena, persone che torneranno a delinquere, perché non hanno avuto accesso a nessuna alternativa allo stile di vita che li ha portati in carcere. Ma in tempo di populismo penale sono dettagli trascurabili, così come passerà in sordina anche il giubileo dei carcerati, che sarà celebrato da Papa Leone tra pochi giorni, domenica 14 dicembre. Papa Francesco l’aveva pensato auspicando, per l’anno giubilare, che i governi «promuovessero iniziative per far ritrovare la speranza: forme di amnistia o di condono della pena, percorsi di reinserimento nella comunità; e un impegno concreto al rispetto della legge». L’Anno Santo volge al termine e la speranza, vista da dietro le sbarre, è una luce sempre più flebile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA