Mattarella, un ruolo nel solco di Einaudi

ITALIA. In un libro recente, Nicola Graziani ha definito Sergio Mattarella «l’uomo delle regole». Mai denominazione poteva essere più aderente alla figura dell’attuale presidente della Repubblica. Sergio Mattarella, infatti, non manca mai di richiamare tanto alle istituzioni quanto ai cittadini, l’esigenza del rispetto delle regole.

Ancor più fermamente e tenacemente, il capo dello Stato chiede a se stesso di esercitare il suo mandato in modo ineccepibile e fedelmente rispettoso del ruolo affidatogli dalla Costituzione e dalle leggi. Sui compiti del presidente della Repubblica sono stati versati fiumi di inchiostro e sono stati espressi giudizi tra loro anche molto discordanti relativi ai limiti dell’esercizio del ruolo presidenziale in una Repubblica di tipo parlamentare. In merito alle opinioni espresse sugli ambiti di intervento del capo dello Stato rimane illuminante l’opinione di Livio Paladin, già presidente della Corte costituzionale, il quale ebbe a sostenere che è il «sistema politico a plasmare» il ruolo del capo dello Stato.

La cerimonia del Ventaglio, svoltasi di consueto prima delle ferie estive, è stata una conferma dell’assunto sopra ricordato. Nel suo incontro con i giornalisti Mattarella ha, per così dire, «sciorinato» una sorta di decalogo di come si possa intervenire incisivamente, senza debordare dalle regole fissate dall’ordinamento. La questione di maggiore urgenza – ha affermato Mattarella – risiede nel progressivo cambiamento climatico. Sui rovinosi danni e sui pericoli derivanti dal riscaldamento globale, il nostro Paese, a suo avviso, è in grave ritardo. Occorre, quindi, colmare lacune normative e inadempienze gestionali, ma occorre soprattutto che, come sosteneva don Milani, ognuno faccia la sua parte, adottando comportamenti adeguati.

Sulla migrazione tra le sponde meridionali del Mediterraneo e l’Italia e la Grecia, il capo dello Stato ha detto, con glaciale chiarezza, che «non si può rimuovere questa realtà ignorandola». Il problema è epocale e va affrontato e risolto con politiche di lungo termine e con strategie di ampio respiro. In merito ha sottolineato l’utilità dell’azione del governo tesa a coinvolgere l’intera Unione europea in una gestione collaborativa dei flussi.

Di particolare rilievo le osservazioni sul tema scottante della giustizia. Mattarella ha, ovviamente, evitato il più piccolo cenno al disegno di legge predisposto dal ministro della Giustizia, Nordio. Il capo dello Stato – anche nella qualità di presidente del Csm – ha ritenuto, però, opportuno ricordare due elementi fondamentali riguardo l’intricato (e mai agevole) rapporto tra politica e magistratura. Nel tener conto che entrambi rappresentano due poteri costituzionali, egli ha insistito sull’esigenza che essi siano sempre distinti. Di conseguenza, «non può esistere una giustizia costituzionale politica», poiché la suprema Corte ha il compito di vigilare sulla costituzionalità delle leggi. Nel contempo, non può esistere un «contropotere giudiziario del Parlamento» in conflitto con l’operato della magistratura.

Nell’esercizio dei poteri e delle prerogative costituzionali, il profilo dell’attuale capo dello Stato appare sempre più riconducibile ad un’attenta e puntuale azione di esercizio di equilibrio tra i poteri. Missione non facile, che non raramente viene scarsamente valutata e a volte addirittura non compresa. Se si dovesse tentare un confronto con gli altri inquilini del Colle, si potrebbe procedere per esclusione. Mattarella ha costantemente evitato di contrapporsi al detentori del potere legislativo e di governo. In ciò non somiglia affatto a Gronchi e, ancor meno, a Cossiga. Piuttosto – anche nella calibratura dei toni degli interventi – sembra somigliare a Luigi Einaudi. Ritenuto un «notaio», ma – come ha dimostrato la storiografia – fu molto di più. Analogamente può dirsi di Sergio Mattarella.

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