Paese fermo ma conti ok,pochi margini di manovra

ITALIA. La nuova faticosa stagione della legge di Bilancio ha quest’anno una prospettiva un po’ diversa dal passato. È sempre stata la saga del «vorrei ma non posso», cioè delle promesse non mantenute, ora sembra quella del «forse posso ma non vorrei». Ci sarebbero cioè apparenti condizioni generali migliori, ma sotto la superficie non ci sono tesoretti, ma problemi.

Le cose buone sono due: l’occupazione (lontana però quasi 10 punti dai confronti europei) e soprattutto la discesa del deficit, dimezzato e verso la cancellazione della procedura di infrazione. Ma c’è un debito pubblico bloccato, la crescita è di nuovo zero virgola e, soprattutto, la pressione fiscale è salita dell’1,3%, raggiungendo quota 42,5%.

Per fortuna, la Premier ha smentito le promesse elettorali, smussandole se non rovesciandole, dando il meglio di se stessa con cinico realismo in materie delicate come quella europea, un tempo oggetto di suoi furibondi attacchi. Per ora, tra i suoi fedeli sostenitori, sembra lamentarsi solo Mario Giordano che la vorrebbe più radicale. È vero che sui mercati internazionali si pensava che un Governo di destra-destra, avrebbe perso i freni inibitori e avrebbe ecceduto in termini di debito, spesa pubblica, concessioni plateali alla demagogia. In realtà, oggettivamente, è stata la linea velleitaria solo del partito di Giorgetti, ma il Ministro ha saputo resistere e gliene va dato merito.

Non si è ripetuto insomma il cedimento al peggio dell’esecutivo Conte-Salvini, quando l’ebrezza dei cancellatori della povertà e l’euforia leghista dei pieni poteri avevano inaugurato una spensierata stagione di sprechi.

Politica economica col freno tirato

Resta però una politica economica col freno tirato. La crescita non c’è e oggi si viaggia sul mezzo punto. Troppo poco, dopo aver incassato oltre 100 miliardi del Pnrr. L’incrocio tra crescita occupazionale e stagnazione produttiva, in particolare nel nevralgico settore industriale, sembra inspiegabile, dando ragione a chi ha segnalato che l’occupazione in crescita è dovuta anche agli esiti dell’esecrata legge Fornero.
Per il resto, la crisi del ceto medio (che paga le tasse per tutti, si è visto) ha evidenziato il problema dei bassi salari, che resta centrale.

Il nodo pensioni

Quanto alle pensioni, le fantasiose quote degli scorsi anni hanno segnato flop e non applicabilità. Salari e pensioni non sono innalzabili per decreto e non ci sono più le variabili indipendenti. I salari crescono soltanto in base a una serie di «se»: se c’è produttività (invece ferma da decenni), se si salva l’export dalle mattane dell’amico Trump, se si rilancia l’auto, se non si lascia la siderurgia alla mercè dei Procuratori e soprattutto se si mette mano alle tariffe energetiche più care del continente, che a Bergamo costano balzi inaccettabili agli artigiani.

Poi, naturalmente, può dare una mano la politica fiscale ma attenti al fiscal drag, che si è praticamente rimangiato tutto quanto è stato investito su aliquote più ragionevoli.
Bene sarebbe non indulgere ad altri condoni e male evocare da buoni populisti gli extraprofitti, nozione economica sconosciuta, mentre c’è da rallegrarsi se mai dell’uscita della Banche da gravi crisi recenti, «accontentandosi» di tassarle al 55%, più di qualunque altra impresa del Paese.

La voce armamenti sarà infatti necessariamente presente in questa legge di Bilancio, con un triennale di almeno 12 miliardi che dovranno farsi largo tra promesse e bonus

Queste cose, il Ministro dell’Economia le sa bene con il solo torto di non dirle chiaramente a Pontida ma solo a Villa d’Este. E il Ministro dei Trasporti non può dimenticarsi che la questione della difesa italiana ed europea è molto seria e che è finita l’epoca della delega agli americani. La voce armamenti sarà infatti necessariamente presente in questa legge di Bilancio, con un triennale di almeno 12 miliardi che dovranno farsi largo tra promesse e bonus.

Meloni, unica in Europa, ha il tocco magico della stabilità, ma chiaramente non basta. La Spagna, ha un governo praticamente di minoranza, ma cresce quattro volte più dell’Italia e della Francia e otto volte più della Germania. Per il 2026, sempre tre volte più dell’Italia. Sarà perché ha trovato lavoro ai migranti, ha una politica energetica non ideologica, ha gestito benissimo i miliardi del suo Pnrr e ha procedure di investimento meno burocratiche delle nostre?

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