Patti sui migranti, ma prima la vita

ITALIA. In queste settimane si sono susseguiti vertici e incontri con a tema una diversa gestione delle migrazioni verso l’Europa. In Italia da gennaio sono arrivate via Mediterraneo 70mila persone, mai così tante dal 2016-2017, gli anni degli approdi record.

Così tante, al ritmo anche di un migliaio al giorno con il bel tempo, che la Guardia costiera ha dovuto chiedere supporto alla deprecata flotta umanitaria delle organizzazioni non governative (ong) per rispondere alle decine di richieste di aiuto delle barche che attraversano il «Mare Nostrum», superando di fatto il decreto Cutro nella parte che vieta i soccorsi multipli per le navi delle ong.

Spinta dal picco degli arrivi, peraltro non più raccontati dai tg nazionale, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha promosso il Memorandum con la Tunisia, siglato una settimana fa a Tunisi con il presidente Kais Saied e la guida della Commissione europea Ursula von der Leyen. Il nostro governo ha promosso anche un importante vertice svoltosi ieri a Roma: presenti i rappresentanti degli Stati della sponda Sud del Mediterraneo allargato, del Medio Oriente e del Golfo, i Paesi Ue di primo approdo e i vertici delle istituzioni europee. L’obiettivo è dare corpo al cosiddetto Piano Mattei per sostenere l’economia degli Stati di partenza dei migranti. Ne è nato il Processo di Roma, il cui scopo, ha detto Meloni , è «bloccare gli sbarchi». Una meta ambiziosa perché anche qualora le economie africane dessero segnali di risveglio, ci vorranno anni per garantire agli Stati stabilità e posti di lavoro a fronte di popolazioni giovani. Sempre a Roma oggi si tiene invece un summit dell’Onu per fare il punto sull’«Agenda 2030 Fame zero». I numeri non sono confortanti: ad oggi 43 milioni di persone rischiano di morire per mancanza di cibo soprattutto in Africa e in Asia, mentre vivono in crisi alimentare tra i 691 e i 783 milioni, 122 milioni in più rispetto al 2019. Non c’è molto tempo da perdere. Inoltre molte zone dell’Africa e del Medio Oriente sono dilaniate da guerre non ancora spente e da violenze. L’Italia poi ha tagliato in anni recenti i fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo del Sud del mondo. Secondo la Banca d’Italia aumentano invece le rimesse degli stranieri che vivono nel nostro Paese, destinate ai perenti nelle terre d’origine: nei primi tre mesi dell’anno sono ammontate a 1,95 miliardi di euro, a fronte degli 1,8 miliardi dello stesso periodo del 2022. Un bel paradosso: per sostenere i Paesi poveri sono più incisivi i migranti che la cooperazione internazionale.

Nei vertici e negli incontri i grandi assenti sono le promesse sull’apertura di canali umanitari per chi scappa da conflitti e violenze, una diversa gestione dei flussi per i migranti economici (il nostro governo con realismo ha approvato un decreto per 452mila ingressi di lavoratori dal 2023 al 2025) e l’istituzione del diritto d’asilo europeo. Vengono poi siglati accordi che non vincolano gli Stati firmatari al rispetto dei diritti umani. Il presidente tunisino Saied porta ad esempio la grave responsabilità di aver additato gli africani subsahariani come un pericolo per il suo Paese: ne è seguita una vergognosa caccia all’uomo e la deportazione di persone nel deserto fra Libia e Algeria, lasciate senza acqua e senza cibo. La foto choc di una mamma e della sua bambina africane riverse senza vita nella sabbia, morte di stenti e di un caldo disidratante, dovrebbe scuotere le coscienze dei governanti. Sarebbe bene e utile che il punto di partenza di ogni politica sul tema fosse la salvaguardia della vita (secondo l’Unicef da gennaio undici bimbi migranti sono morti o scomparsi nel Mediterraneo ogni settimana), sprone ad adottare misure rapide, anche inflessibili se si ritiene ma giuste e non lesive della dignità umana.

L’ennesimo richiamo è arrivato ieri da Papa Francesco all’Angelus: «Desidero attirare l’attenzione sul dramma che continua a consumarsi per i migranti nella parte settentrionale dell’Africa. Migliaia di essi, tra indicibili sofferenze, da settimane sono intrappolati e abbandonati in aree desertiche. Rivolgo il mio appello in particolare ai capi di Stato e di governo europei e africani affinché si presti urgente soccorso e assistenza a questi fratelli e sorelle. Il Mediterraneo non sia mai più teatro di morte e di disumanità».

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