Sovranismo populista e l’avanzata in Polonia

MONDO. Il sovranismo populista ha trovato un altro importante leader in Europa. Il premier polacco Donald Tusk, liberalconservatore, e il candidato del partito di maggioranza e sindaco di Varsavia, Rafal Trzaskowski, sono andati incontro a una dolorosa sconfitta lasciando nella mani di Karol Nawrocki - debuttante nel proscenio politico polacco - la presidenza della Repubblica.

Si tratta di un colpo molto duro in Europa all’immagine di un Paese che alle elezioni politiche soltanto due anni fa sembrava aver voltato definitivamente pagina ed essersi affidato, in politica estera e in tema di diritti civili, a una modernità più simile a quella dei Paesi europei occidentali. La Polonia si consegna così alla paralisi politica interna che si rifletterà inevitabilmente anche sulla capacità di manovra soprattutto sullo scacchiere continentale e all’interno dell’Unione europea.

L’analisi del voto

Ma che cosa è accaduto per ribaltare gli equilibri usciti dalle urne nel 2023? È sembrato andare in scena lo stesso copione del 2015 quando il favoritissimo presidente Bronisław Komorowski di «Coalizione Civica» subì una disfatta proiettando al potere l’allora sconosciuto Andrzej Duda. È stata clamorosamente ignorata la lezione di allora: la Polonia della provincia profonda, delle pianure agricole, di una popolazione sensibilissima agli appelli conservatori e del monoculturalismo anti-europeo, ha prevalso ancora una volta su una borghesia progressista per lo più arroccata nelle città. Certamente il sindaco della capitale ha pagato l’incapacità di esprimere empatia nei confronti della popolazione rurale e di entrare in sintonia con un elettorato che ha sentito sulla propria pelle i rincari dei beni essenziali causati dall’inflazione degli ultimi due anni e ha ritenuto Nawrocki migliore garante della sicurezza del Paese.

La Polonia della provincia profonda, delle pianure agricole, di una popolazione sensibilissima agli appelli conservatori e del monoculturalismo anti-europeo, ha prevalso ancora una volta su una borghesia progressista per lo più arroccata nelle città

Il vero sconfitto del test elettorale polacco è il primo ministro Tusk. Si è speso con generosità nei confronti di Trzaskowski, non rendendosi conto della sua sostanziale impopolarità e finendo per dare al suo candidato il «bacio della morte». Con il voto del 2023 la maggioranza della popolazione polacca aveva votato in larga misura non tanto per Tusk e i partiti di coalizione, ma contro il partito «Diritto e Giustizia» e il suo «padrone» politico Jarosław Kaczinski in procinto di trasformare il Paese in una «democratura». Il risultato di domenica segna una battura d’arresto drammatica per il disegno riformista della coalizione al governo. Il neo presidente Nawrocki - eletto anche grazie ai voti degli estremisti di destra che avevano votato al primo turno per i candidati Mentzen e Brown - non esiterà a porre il veto sui progetti di legge più rilevanti per il governo, tra i quali la riforma giudiziaria, l’accesso alla contraccezione di emergenza, gli aumenti salariali per gli insegnanti e il finanziamento dei media pubblici.

Certamente il sindaco della capitale ha pagato l’incapacità di esprimere empatia nei confronti della popolazione rurale e di entrare in sintonia con un elettorato che ha sentito sulla propria pelle i rincari dei beni essenziali causati dall’inflazione degli ultimi due anni e ha ritenuto Nawrocki migliore garante della sicurezza del Paese

Sul versante del posizionamento internazionale della Polonia di Tusk, al centro dell’Unione europea e del Triangolo di Weimar (con Germania e Francia) si noteranno significativi distinguo. Il neo presidente eserciterà un freno nella strategia del governo verso una maggiore integrazione europea nel settore della Difesa, della gestione dell’immigrazione clandestina e dell’allargamento dell’Ue. Nawrocki, secondo il dettato costituzionale, sarà delegato a rappresentare il proprio Paese nelle riunioni della Nato ed è dato per scontato che privilegerà il rapporto esclusivo con Donald Trump e l’Amministrazione americana esprimendo perplessità, se non addirittura una critica diretta, circa le intenzioni di Berlino che si appresta a lanciare ambiziose politiche di spesa per la Difesa e le proprie infrastrutture.

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