Stabilità e credibilità
prioritari per l’Italia

Allacciamoci le cinture di sicurezza, chiudiamo gli occhi e che Dio ce la mandi buona. È triste ammetterlo, ma non si vede come si possa evitare che l’elezione del presidente della Repubblica finisca in una corsa sull’ottovolante. Non c’è solo un generale, sconsolato senso d’impotenza ma anche un nemmeno troppo celato disappunto dell’opinione pubblica nell’assistere alle giravolte e ai maneggi che accompagnano la battaglia scatenata dai partiti sulla scelta del futuro capo dello Stato.
Si nutre il sospetto che Berlusconi, pur di agguantare la suprema carica, stia ricorrendo a una spregiudicata, e appunto per questo, discreta azione di scouting sui parlamentari. Non è chiaro se il sondaggio sia fatto solo per esplorare o piuttosto per convincere gli indecisi a dirottare il voto in suo favore. C’è pure il presentimento che, prima o poi, Renzi sfoderi la sua solita mossa vincente, lasciando impietriti tutti quanti i giocatori.

E che dire della giravolta compiuta dai 5 Stelle nell’occasione? Senza colpo ferire, candidamente sono passati dal chiedere tre anni fa l’impeachment di Mattarella al rilanciarne ora la candidatura. Si aggiunga la soave incoerenza di Letta che prima sollecita gli altri segretari di partito a sedersi attorno a un tavolo e poi lo diserta quando a farsene promotore è Salvini. Si ha insomma la spiacevole sensazione che, invece di essere mossi da un disinteressato spirito di servizio, i «grandi elettori» si preoccupino di far tornare i conti al proprio partito, quando non di scongiurare la fine della legislatura che farebbe perdere loro ghiotti benefici: indennità parlamentare e pensione. Solo chi non si sa liberare da un sentimento di altezzosa superiorità può liquidare il disappunto nutrito da larga parte dell’opinione pubblica come frutto del perdurante orientamento qualunquistico che corre nelle viscere dell’Italia profonda. Più assennatamente, si può ricondurre la persistente riprovazione dei comportamenti della classe politica al distacco che in ogni democrazia contraddistingue, anche se in misura variabile, Paese reale e Paese legale. Il cittadino comune fatica ad accettare, tanto più ad approvare le pratiche, le modalità d’azione, i comportamenti del ceto politico, in particolare la lotta sviluppata per accaparrarsi posti di comando quando tali passi risultano contraddire la morale comune.

Si veda il caso presente dell’elezione del prossimo inquilino del Quirinale. I media prestano più attenzione (malevola) alle manovre e ai maneggi che accompagnano l’elezione che non alle conseguenze che derivano da una scelta rispetto a un’altra. Eppure, non dovrebbe sfuggire a nessuno che è in gioco il destino della ripresa economica, pena far ripiombare l’Italia nell’incubo del blocco dei finanziamenti decisi a Bruxelles, il che scatenerebbe a sua volta la speculazione dei mercati, col risultato di far sfumare ogni speranza di ricostruzione della nostra malandata economia. È questo il punto cruciale che l’opinione pubblica e i media non dovrebbero mai perdere di vista. Sarebbero portati allora a vigilare meglio, perché i partiti assicurino quella stabilità e credibilità che sole possono scongiurare l’interruzione della ripresa in corso.

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