Tra Cina e Russia nessuna rottura

Il summit della Sco (Organizzazione della cooperazione di Shanghai) a Samarcanda (Uzbekistan) doveva celebrare il successo dell’organizzazione, che nelle scorse ore, con l’ingresso dell’Iran, è salita a nove Paesi (Cina, Russia, India, Kazakhstan, Kirgizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Pakistan e Iran) che rappresentano il 40% del Pil mondiale e 3,3 miliardi di persone.

E appena fuori dalla soglia ci sono Bielorussia, Turchia, Armenia, Azerbaigian, Egitto e Arabia Saudita. Non poca cosa. C’è però un problema. Molti di questi Paesi sono in conflitto: Tagikistan e Kirgizistan si sparano ai confini, Armenia e Azerbaigian anche peggio, Pakistan e India sono rivali storici, l’Iran si sente minacciato dall’appoggio della Turchia all’Azerbaigian… Ma soprattutto la Cina, che è la grande patrona della Sco, non vuole che l’organizzazione prenda un’aperta postura anti-occidentale. Intanto perché diversi Paesi (un solo esempio: l’India) non l’accetterebbero. E poi perché Pechino vuole espandere la propria influenza con l’industria, il commercio e la finanza, con l’arma dell’economia insomma. Un mondo turbolento non gioca a suo favore.

E qui arriviamo a quello che era il piatto forte del summit di Samarcanda: l’incontro tra Vladimir Putin e Xi Jinping. Duplice incontro: perché oltre a quello bilaterale, c’era anche quello trilaterale, dei due con Ukhnaagiin Khurelsukh, presidente della Mongolia, Paese diventato importantissimo perché snodo dei gasdotti e delle vie commerciali, presenti e future, tra Russia e Cina. Per dare un’idea: proprio ieri, il vice-premier russo Aleksandr Novak ha detto che la quota di gas che la Russia non esporta più in Europa (finora 50 miliardi di metri cubi l’anno) sarà recuperata con l’avvio di Power of Siberia 2, il nuovo gasdotto che, per raggiungere la Cina, dovrà appunto passare per la Mongolia.

Ha quindi fatto una certa impressione vedere Vladimir Putin, che dopo tanti anni al vertice e più che abituato a questi appuntamenti, presentarsi al bilaterale con Xi Jinping con tono un po’ dimesso, meno sicuro di sé di quanto di solito appaia. L’esordio del suo discorso, l’unica parte concessa alle telecamere, l’ha visto ringraziare la Cina «per la sua posizione equilibrata in relazione alla crisi ucraina» e, quasi incredibilmente, aggiungere che la Russia «capisce le domande e le preoccupazioni della Cina» e che lui, nel corso del colloquio, avrebbe «illustrato nei particolari» la posizione del Cremlino.

In poche parole: Putin ammetteva che a Pechino non sono soddisfatti di come vanno le cose laggiù, tra la Russia e l’Europa, e che qualche spiegazione Xi Jinping l’avrebbe gradita. Non è difficile capire perché. Il leader cinese è un fan della globalizzazione, senza la quale sarebbe stato impossibile concepire la Nuova Via della Seta o il Filo di Perle, le autostrade commerciali e politiche, una a Nord e una a Sud, che avrebbero dovuto collegare l’Asia all’Europa e garantire all’Impero di Mezzo l’espansione che tiene in vita le speranze di un miliardo e mezzo circa di cinesi. Ma con la guerra in Ucraina, a tutto questo bisogna dire come minimo arrivederci. Tra Russia ed Europa è sorto un nuovo e ancor meno superabile Muro di Berlino. E con l’aria che tira, la stessa Cina, che già viaggiava sul filo del rasoio nei rapporti con gli Usa, si trova in una posizione complicata. Se americani ed europei, per esempio, decideranno di imporre un tetto al prezzo del gas che la Cina, in omaggio a un’alleanza con la Russia più volte dichiarata, non vorrà rispettare, le sanzioni potrebbero coinvolgere anche le aziende cinesi.

Putin non aveva promesso una guerra lampo, ma nemmeno una guerra che si trascina sempre più dolorosamente, inutilmente e con danno economico evidente per tutti. Logico che Xi Jinping ne chieda conto. E che Putin, che non può perdere l’appoggio della Cina, gliele dia. Detto questo, però, sarebbe ingenuo immaginare una prossima rottura tra Mosca e Pechino. Lo scontro tra Usa e Cina per la supremazia mondiale era già scritto, era solo questione di tempo prima che fosse conclamato. Se la Russia ha bisogno della Cina, anche la Cina ha bisogno della Russia, perché nemmeno lei (almeno per ora) può affrontare da sola un braccio di ferro con Usa ed Europa. E poi Xi Jinping, che non ha vincoli né remore, sa bene che il gas e il petrolio russi sono i più disponibili ed economici sul mercato. L’abbiamo saputo anche noi per sessant’anni ma il 24 febbraio 2022 è cambiato il mondo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA