Tra il Cavaliere e la Meloni l’ombra di Putin

No, il caso Berlusconi nel centrodestra non si è chiuso. L’incontro con Giorgia Meloni di lunedì a via della Scrofa non è stato risolutivo, nonostante le sorridenti foto finali. Il Cavaliere continua ad andare a briglia sciolta e finisce per riaprire le polemiche nella maggioranza.

Questo non vuol dire che la Meloni non riuscirà a formare il suo governo in tempi anche rapidi (giuramento domenica o lunedi?): il quadro ormai è sostanzialmente delineato, la compagine che verrà proposta al Capo dello Stato quasi pronta, e Forza Italia alla fine si contenterà dei ministeri che già Meloni ha proposto. Ma Berlusconi scalpita e dimostra con le sue parole che i rapporti non saranno facili, né domani né dopodomani. Lo si desume dal resoconto che il fondatore di Forza Italia ha fatto ai suoi parlamentari proprio dell’incontro con la Meloni, che lui chiama sarcasticamente «la signora»: «Mi ha riso in faccia quando gli ho chiesto prima tre e poi due ministeri in più». In più, ha raccontato che la futura premier sarebbe d’accordo con lui nell’affidare il ministero della Giustizia a Elisabetta Casellati, la forzista ex presidente del Senato. Una immediata smentita di Fratelli d’Italia lo ha fulminato: «Il candidato numero uno è Carlo Nordio». Senza contare che Berlusconi è tornato a parlare di Putin con parole – smentite, ma c’è il nastro registrato – che mettono in imbarazzo la Meloni e la sua linea atlantista. Berlusconi ha detto di aver riallacciato i rapporti con Putin, che al suo compleanno ha ricevuto da Mosca uno scatolone di bottiglie di vodka accompagnato da «una lettera dolcissima» cui lui ha risposto «con lambrusco e una lettera altrettanto dolce».

Il risultato è che adesso i partner europei e americani, già diffidenti per i rapporti della Lega con «Russia Unita», sanno che nella nuova maggioranza che governa a Roma c’è anche chi, e si chiama Berlusconi non uno qualunque, si mantiene in diretto contatto con Putin contro il quale l’intero Occidente sta battagliando in difesa dell’Ucraina. Oltretutto Berlusconi è il leader del partito il cui vicepresidente è Antonio Tajani che si appresta a diventare ministro degli Esteri: per quanto Tajani goda di grande stima in parecchi ambienti internazionali dopo la sua esperienza di presidente del Parlamento europeo, ed è molto ascoltato nel Ppe, tuttavia finirà per pagare lui il dazio dei sospetti che Berlusconi è tornato a provocare. Senza contare che nella stessa giornata il neopresidente della Camera Fontana – anche lui a suo tempo considerato filo-russo – ha ripetuto le critiche di Salvini alle sanzioni contro Putin: «Possono essere controproducenti».

Insomma, il governo nascerà nei tempi previsti (anche se non va sottovalutato il vaglio che il Quirinale farà della lista con cui si presenterà Meloni al Quirinale) ma le contraddizioni del centrodestra continuano a ribollire e non è detto che si assopiscano. Si capisce che Berlusconi e Salvini vogliono il loro spazio di manovra e continueranno a coltivare il loro protagonismo: non è sfuggito l’annuncio del leader leghista che si appresta a radunare i suoi esperti economici per discutere di pensioni, flat tax, bollette, ecc. Un po’ come quando, da ministro degli Interni del governo giallo-verde riuniva al Viminale gli esponenti del mondo economico-sindacale scavalcando Conte e l’allora ministro dell’Economia Tria. Nel frattempo le opposizioni litigano sulle vicepresidenze: Pd e M5S si sono accordati per non lasciare a Calenda-Renzi neanche uno strapuntino ai vertici di Camera e Senato.

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