Tra prezzi e debito una manovra difficile

IL COMMENTO. Il prezzo del gas tocca i massimi da sei mesi a questa parte mentre quelli dei generi alimentari aumentano oltre le attese; i tassi d’interesse resteranno alti più a lungo, il debito pubblico dunque costa di più allo Stato, mentre infuriano ormai due guerre a un paio d’ore d’aereo da Roma dove il governo sta lavorando ad una manovra economica ogni giorno più difficile.

Quando in Parlamento, approvando la Nadef (la Nota aggiuntiva del documento di economia e finanza) è stata autorizzata una manovra che per 17,5 miliardi su 22 sarà in deficit, qualcuno delle opposizioni ha eccepito sulla possibile incostituzionalità della decisione: il ministro Giorgetti allora è sbottato: «La Costituzione parla di situazioni eccezionali: e questa cos’è?». Effettivamente, i margini per il governo si sono ulteriormente ristretti fino a quasi azzerare le tante promesse elettorali del centrodestra. Da prima che anche in Israele scoppiasse un conflitto, Giorgetti aveva già avvertito che la situazione era difficile, che tutto non si sarebbe potuto fare e che bisognava stabilire delle priorità: frase successivamente ripresa e confermata dalla premier. Falliti i tentativi di trovare delle risorse dai forzieri delle banche (il disegno di legge è stato di fatto svuotato), non saranno certo i tagli ai bonus fiscali per chi guadagna più di 100mila euro a portare alle casse del Tesoro i miliardi di cui c’è bisogno: per un provvedimento che scontenterà chi paga più tasse in Italia, si parla di entrate per qualche decina di milioni di euro, cioè spiccioli (anche perché rimarrebbero le detrazioni per spese mediche e interessi sui mutui, le più consistenti).

In ogni caso, dopo il vertice di maggioranza, il testo predisposto da Giorgetti e dal vice ministro Leo arriverà lunedì a Palazzo Chigi per il Consiglio dei ministri insieme al decreto fiscale che comprenderà la «global minimum tax». Meloni, nella riunione con i vice premier e i capigruppo ha chiesto che ci siano pochissimi emendamenti di maggioranza per fare in modo che l’iter della manovra sia rapido e indolore. Non si sa se la cosa, alla fine, sarà possibile. Però per la premier aver messo un freno alle continue esternazioni dei leader e dei partiti alleati-concorrenti ha portato bene: dicono i sondaggi che la coalizione tiene bene mentre i segni meno caratterizzano soprattutto le litigiose opposizioni, impegnate a discutere fra di loro e incapaci di trovare una linea comune nello scontro col governo (niente accordo sulla riforma della sanità, tanto per fare un esempio).

In ogni caso si sa che il documento che il Consiglio approverà lunedì (salvo intese?) conterrà soprattutto la proroga al 2024 del taglio del cuneo fiscale nelle buste paga (senza la quale i lavoratori con i redditi fino a 35mila euro avrebbero visto diminuire gli stipendi, altro che aumenti), l’accorpamento dell’Irpef, il rinnovo dei contratti della Pubblica amministrazione, provvedimenti a favore delle famiglie più in difficoltà e parecchi tagli alle spese dei ministeri.

Qualche soldo (2-3 miliardi) dovrebbe arrivare dalla nuova tassa a carico delle multinazionali mentre è stata smentita qualunque ipotesi di sanatoria edilizia e/o fiscale, quelle di cui aveva parlato proprio Salvini. Il vice ministro Leo nella riforma metterà un alleggerimento del calendario degli adempimenti fiscali e la rateizzazione dell’acconto di novembre: qualche tentativo di dare un po’ di sollievo a partite Iva e ai piccoli imprenditori.

Per quanto agli osservatori stranieri e alle agenzie di rating la manovra italiana non appaia sufficientemente rigorosa sui conti pubblici (e l’allarme costituisce sicuramente un segnale negativo per i mercati) tuttavia molti concordano che più di così sarebbe difficile fare. «Non è forse una situazione eccezionale?» ripeterebbe Giorgetti.

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