Ucraina, la Cina alla finestra aspetta di incassare

MONDO. Mentre Donald Trump e Vladimir Putin preparano l’incontro del 15 agosto, la Cina sembra essersi ritirata in un modesto angolino da cui distilla buoni auspici e belle parole.

Come ieri, quando il suo ministero degli Esteri che, sorpresa sorpresa, ha detto di essere a favore di tutti gli sforzi per raggiungere la pace in Ucraina e di desiderare che un accordo equo venga raggiunto il più presto possibile. Un giorno, però, quando gli storici proveranno a ricostruire lo sviluppo e l’esito della crisi ucraina, dovranno riconoscere che la Cina è stata in essa un giocatore importante. A favore della Russia, naturalmente. Gli incontri tra Putin e Xi Jinping sono stati calorosi e frequenti (il prossimo sarà a Pechino in settembre), quelli tra Xi e i dirigenti ucraini sporadici e freddi. E la solidarietà della Cina è stata decisiva, al momento dell’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, per consentire alla Russia di sfuggire all’isolamento internazionale e di ammortizzare il primo impatto delle sanzioni internazionali.

Le relazioni economiche con la Cina

Ancora oggi la relazione economica con la Cina è decisiva per gli equilibri finanziari della Russia. Pechino è il primo importatore di combustibili fossili russi, tanto da contare per il 38% degli incassi di Mosca in questo settore. È anche il primo importatore di carbone russo, il secondo di gas liquefatto, il secondo di derivati del petrolio. E così via. La relazione funziona anche in senso inverso. La Cina fornisce alla Russia beni di consumo che sostituiscono quelli non più forniti dall’Occidente (le automobili cinesi detengono ormai il 60% del mercato russo), ma anche e soprattutto i beni «dual use» come semiconduttori, cuscinetti a sfera, autocarri, scavatrici, che possono essere impiegati per usi civili come per usi militari.

L’impazienza di Trump

Ma questa è la storia degli anni scorsi. Una grossa mano alla Russia la Cina l’ha data anche in questi ultimi mesi, che non a caso hanno visto crescere l’impazienza di Donald Trump. L’aiuto a Mosca, Pechino l’ha dato facendo da baluardo contro l’offensiva daziaria della Casa Bianca. Dopo una prima offensiva che è andata a schiantarsi contro la reazione della Cina, gli Usa sono tornati a più miti propositi e non a caso proprio nelle scorse ore Trump ha deciso di prolungare fino a novembre la tregua nella guerra commerciale, per trattare ancora. L’esempio cinese, però, ha fatto scuola e ha rafforzato nel cosiddetto «altro mondo» (detto anche Sud globale) due convinzioni: che gli americani ce l’abbiano con i Paesi che rappresentano un’alternativa politica (non è un caso se alla Cina all’inizio erano stati imposti dazi del 100% e poi del 50% a Brasile e India, tutti Paesi Brics) e che agli americani si possa anche resistere.

Così è successo che, nel suo tentativo di imporre sanzioni secondarie ai Paesi che commerciano con la Russia, e quindi contribuiscono alla salute del suo sistema industrial-militare, Trump si è preso dei bei no. L’India, per bocca del premier Narendra Modi, ha addirittura esaltato «l’amico Putin» e la collaborazione economica con la Russia. Chiudere la partita con la Russia e trovare un’intesa per l’Ucraina ora conviene anche a Trump, che con la storia delle sanzioni secondarie ha forse fatto il passo più lungo della gamba.

Il summit in Alaska

Restano ora da vedere due cose. La prima è come e quando Pechino andrà all’incasso dei crediti maturati con Mosca, fermo restando che aver impegnato per anni gli Usa e aver indebolito l’Europa è già un merito agli occhi della dirigenza cinese. La seconda: quale sarebbe, per la Cina, il miglior esito dell’imminente summit in Alaska?

L’aplomb cinese di queste settimane spiega bene che le attuali prospettive sono gradite a Pechino. Una pace ibrida, con la Russia vincitrice ma non del tutto. Un accordo Usa-Russia che lasci da parte l’Europa, rendendola disillusa nei confronti degli Usa e forse aprendo nuovi spiragli di collaborazione commerciale tra Cina e Ue. Un’Ucraina delusa e bisognosa di aiuto, cui forse la potenza finanziaria e industriale cinese potrebbe interessare. Non è del marzo scorso l’accordo sulle esportazioni agricole ucraine in Cina?

Il maestro Confucio, assai venerato in Cina, aveva tra le sue frasi preferite anche questa: «Il silenzio è il vero amico che non tradisce mai». Ma quando si tratta dei dirigenti cinesi non bisogna fare l’errore di credere che tacciano perché non hanno nulla da dire. O, peggio, da fare.

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