«Una carezza per chi morì solo»: Via Crucis per non dimenticare le vittime del Covid

SERIATE. La chiesa di San Giuseppe ospitò 270 bare, don Carminati: «Fu luogo in cui custodirle e condividere il dolore dei familiari». Lunedì la processione

Suona il citofono. È un parrocchiano di 93 anni che vorrebbe sposarsi. Risuona il citofono. È un tecnico che deve arrampicarsi sul campanile per verificarne la staticità. Don Mario Carminati ha un saluto e un sorriso per tutti. Per il parroco di Seriate è una giornata di ordinaria amministrazione, dalle vetrata della casa di piazza Papa Giovanni XXIII filtra il sole e lui risponde a telefonate e «scampanellate». Sembrano lontani quei giorni di marzo e aprile 2020, quando regnava il silenzio, e il sacerdote si trovava da solo ogni giorno faccia a faccia con la morte.

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Dalla libreria piena di tomi prende un piccolo fascicoletto: contiene i nomi delle oltre 200 vittime di Covid, il tributo che la città di Seriate ha pagato alla pandemia. Altre 270 furono quelle che la chiesa di San Giuseppe ospitò, provenienti da tutta la provincia, in attesa di una cremazione.

I gesti di cura

«Il primo giorno sono arrivate 30 bare, poi 20, e ancora 20: una processione senza fine, un peregrinare di anime che noi abbiamo affidato alle braccia di San Giuseppe, papà amorevole, perché se ne prendesse cura a nome dei loro cari. Ogni due-tre giorni arrivavano i camion militari a prenderle, per portarle fuori provincia», ricorda don Mario. Un fiore, un rametto di ulivo in tempo pasquale, la benedizione e il suono delle campane. Gesti di cura e d’amore, che il prete non ha fatto mancare a chi moriva senza nemmeno una carezza dei propri familiari. «I parenti non sapevano neanche dove fossero i loro morti – racconta don Mario –. Accogliere queste salme non è stato solo mettere a disposizione uno spazio dove custodirle, ma un luogo e un tempo nel quale prenderci cura di loro e condividere il dolore e le lacrime dei familiari».

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A distanza di quattro anni il ricordo non muore, e per don Mario è importante continuare a fare memoria. «Non c’è più la paura di quei giorni – dice –, c’è qualcuno che ancora non vuole credere che sia successo davvero e questo atteggiamento infastidisce. Ma è bello tenere vivo un ricordo significativo di quello che è stato, un ricordo che deve farci riflettere: sull’importanza del dono della vita, sulla sua fragilità, come ha dimostrato, all’improvviso, un virus invisibile». Lunedì 18 marzo, Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia di Coronavirus, per Seriate diventa quindi momento di «ricordo nella preghiera». Anche quest’anno, infatti, in occasione della ricorrenza si terrà (dalle 20,45) la Via Crucis per le strade cittadine.

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I luoghi simbolo

«L’anno scorso, inaspettatamente, hanno partecipato 700 persone, tra cui tantissimi giovani, che hanno portato la Croce che gli artigiani hanno poi donato al Papa – fa presente don Mario –. Un percorso di oltre un chilometro, dal cimitero alla chiesa di San Giuseppe». Anche quest’anno la Via Crucis avrà come punto di partenza un luogo «simbolo» (l’arrivo sarà sempre alla chiesa di via Marconi): «Ci ritroveremo davanti alla camera mortuaria dell’ospedale Bolognini, un presidio di cura fondamentale durante la pandemia». Alla processione sono stati invitati i direttori della struttura sanitaria, i direttori delle Rsa della Cet, il sindaco di Seriate e quelli dei Comuni della zona. «Sarebbe bello – è l’auspicio di don Mario – che partecipassero i parenti dei defunti che abbiamo ospitato nella chiesa di San Giuseppe, come momento di preghiera insieme». L’anno scorso, infatti, qualcuno si era presentato: «In particolare un uomo era venuto a dirmi che suo padre era stato accolto nella chiesa di Seriate, era morto senza che lui potesse fargli visita. Mi aveva chiesto di fare una foto alla bara come ultimo ricordo, e così avevo fatto, mandandogliela. Non era mai stato nella chiesa che aveva accolto suo papà, e poterci venire per la Via Crucis è stato un momento molto toccante».

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