
L'Editoriale
Sabato 14 Giugno 2025
Il riarmo dell’Europa tra asimmetrie e frenate
MONDO. Mark Rutte, il segretario della Nato, sta facendo il giro delle capitali europee in preparazione del vertice dell’Alleanza del 24 e 25 giugno.
E’ stato a Roma a Palazzo Chigi ed ha dovuto prendere atto che a Roma oltre il 2% del Pil per le spese militari non si va. Gli americani insistono sul 5% frazionato in 3,5% per i sistemi d’arma e 1,5% per le infrastrutture duali, ovvero utilizzabili sia a fini civili che militari. Il governo italiano non può dire di no in modo drastico e quindi parla del 2035 come proiezione nel tempo. I margini di bilancio sono strettissimi in un Paese che va a pagare nel 2026 oltre 100 miliardi di interessi annuali sul debito. Tagliare la spesa sociale, vedi riduzione servizi sociali, sanità, scuola ecc. è un azzardo che nessun governo può sostenere a cuor leggero. In Gran Bretagna Keir Starmer ha lanciato un grande programma di riarmo e ha chiesto ai cittadini sacrifici e rinunce. Ma la cosa è rimasta nel vago perché per quanto a Londra si pensi che la minaccia russa sia reale, occorre poi convincere la popolazione dell’imminenza del pericolo. Non è un caso che il movimento nazionalista di Nigel Farage avanzi nei sondaggi.
Tagliare la spesa sociale, vedi riduzione servizi sociali, sanità, scuola ecc. è un azzardo che nessun governo può sostenere a cuor leggero. In Gran Bretagna Keir Starmer ha lanciato un grande programma di riarmo e ha chiesto ai cittadini sacrifici e rinunce
I francesi dal canto loro vivono una condizione finanziaria non proprio felice, al punto che i titoli di Stato Oat sono in negativo rispetto ai Buoni del Tesoro italiani. Il deficit è sempre elevato e il debito pubblico è a 3.300 miliardi, ovvero il 113,7% del Pil. Morale: anche per i francesi arrivare al 5% delle spese militari non è una passeggiata. Gli unici che non hanno problemi a reperire risorse sono i tedeschi. Hanno abolito i vincoli di bilancio e quindi tutta la spesa che va oltre il 2% può essere sostenuta a debito, senza limiti se non dettati dalla necessità inderogabile di riarmarsi. Avevano un debito nel 2024 al 62% del Pil e rispetto agli altri Paesi godono di ampi margini di manovra. Si viene quindi a creare in Europa un’asimmetria con Paesi che non possono spendere e altri, come la Germania, che avranno, come indicato espressamente dal governo tedesco, l’esercito convenzionale più forte d’Europa. Il tutto perché il riarmo avviene a livello nazionale e quindi mentre finora gli Stati Uniti erano il numero uno ora avremo qualcuno che ne vuol prendere il posto in Europa e sarà la Germania. Il rischio è di tornare ai corsi e ricorsi storici con una nazione al centro del continente che in ragione della sua forza militare può ambire alla supremazia. Non è detto che sia così, perché Merz è sicuramente un democratico ma quando un’arma è sul tavolo è utilizzabile da chiunque vada al governo e l’AfD è al 23%.
La Danimarca di Mette Frederiksen ha già capito che non funziona e si è sfilata dal gruppo dei cosiddetti frugali. Se dobbiamo riarmarci, questa la motivazione, è inutile andare per il sottile con le riserve mentali nei confronti dei Paesi mediterranei, occorre muoversi a livello europeo coordinato. Il che vuol dire che i sistemi d’arma vanno standardizzati, non si può avere 27 modelli uno diverso dall’altro. E poi soprattutto vanno emesse obbligazioni comunitarie dell’Unione Europea.
Tutto porta ad una comun sentire europeo, anche se il mondo di colpo ci appare rovesciato. I tedeschi che esortano a far debito mentre Paesi come l’Italia che invitano alla prudenza. In Germania avanza anche la nostalgia per la vecchia Ost-Politik dei socialdemocratici. Spese per la difesa sì, ma non esageriamo con la fornitura di armi a Zelensky e soprattutto trattiamo con Putin. Una tesi che a Washington forse non dispiace. Ecco perché l’ex premier olandese vuole prepararsi bene. Sembra che nel testo finale del prossimo vertice all’Aja, che ovviamente va concordato, non vi siano riferimenti all’offensiva russa del 2022 e si escluda un’adesione dell’Ucraina all’Alleanza atlantica.
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