L'Editoriale
Sabato 09 Dicembre 2023
L’abbandono dell’Ucraina: gli obiettivi di Putin
ESTERI. Il conflitto russo-ucraino è in una fase di stallo. L’offensiva di Kiev procede ma non è in grado di sfondare le agguerrite linee difensive del Cremlino nel Donbas e negli Oblast di Kherson e di Zaporizhzhia, il 20% del Paese invaso, peraltro già annesso illegalmente da Mosca nel settembre 2022 dopo i referendum farsa.
Lo stallo evidenzia un fatto: il sostegno militare occidentale allo Stato aggredito è limitato e non permette la sconfitta degli invasori. Cade quindi la teoria secondo la quale Mosca si è infilata in una trappola della Nato, in una guerra che avrebbe lo scopo di colpire e umiliare la Russia. Kiev ha ricevuto per lo più armamenti difensivi e non ad esempio missili a lunga gittata. Inoltre la capacità aerea di Mosca è 15 volte superiore a quella ucraina. Il Belgio ha promesso due caccia F-15 per il 2025: «Nel 2025 l’Ucraina rischia di non esserci più» hanno replicato dalla capitale .
Il sostegno occidentale avviene in tempi dilatati e inviando anche materiali datati. Il Cremlino poi dispone di molti più uomini arruolabili ed è pronto a mandare al fronte altri 170mila soldati. Gode inoltre di aiuti militari da parte di Iran, Corea del Nord e Cina (sotto banco). A fronte di questa situazione, è prodigioso che l’Ucraina sia riuscita a respingere e contenere l’invasione su larga scala in quel 20% del proprio territorio, dove la popolazione che non prende la cittadinanza russa perde lavoro, pensione e assistenza sanitaria. Quando non è vittima di detenzioni arbitrarie, torture e sparizioni come denunciato in rapporti di Onu e Croce Rossa internazionale.
Ma il quadro potrebbe deteriorarsi per Kiev. Nel 2024 sono in agenda le elezioni presidenziali negli Usa e le Europee. I Repubblicani americani sono intossicati dalla deriva trumpiana e hanno bloccato il nuovo sostegno all’Ucraina: per il via libera chiedono in cambio un ulteriore giro di vite contro gli ingressi di migranti dal Messico. Fra i due capitoli non c’è alcun nesso se non il cinismo privo di ideali della destra sovranista. La stessa del presidente ungherese Viktor Orban che, sfruttando il necessario voto all’unanimità nell’Ue, si è schierato per il blocco di nuovi finanziamenti a Kiev (destinati anche a sostenere l’economia che altrimenti collasserebbe) e dell’iter di ingresso nell’Unione europea del Paese aggredito.
Sarebbe gradita un’uscita dal conflitto attraverso un negoziato. Ma il popolo ucraino conosce bene la natura ideologica dell’invasione, il tentativo sistematico da almeno tre secoli di sopprimere identità, cultura e lingua messo in atto da Mosca. Nei giorni scorsi durante la plenaria dell’assemblea del Consiglio mondiale dei popoli russi, Vladimir Putin ha riconfermato di non aver compiuto neanche un passo indietro dal 24 febbraio 2022, quando iniziò l’invasione su larga scala. Ha nuovamente ribadito che la sua è la «battaglia per la sovranità, per la giustizia e di natura nazionale-liberatrice», sottolineando che si «lotta per la libertà non solo della Russia ma di tutto il mondo».
Promette di non ripetere gli «errori» commessi da Mosca nel 1917 e 1991, che, secondo lui, hanno portato alla «divisione artificiale e violenta della grande nazione russa, del popolo trino russi, bielorussi e ucraini». È tornato a parlare del «Mondo russo» che abbraccia tutte le generazioni degli antenati e i discendenti «dell’antica Rus’», il Regno di Mosca, l’Impero russo, l’Unione Sovietica e l’odierna Russia, la quale sta «ripristinando, rafforzando e moltiplicando la propria sovranità come potenza mondiale». Sottolineando che «il Mondo russo unisce tutti coloro che sentono un legame spirituale con la Russia, chi si considera portatore della lingua russa, della storia e della cultura, indipendentemente dalla loro appartenenza nazionale o religiosa». Ha poi lanciato un messaggio di minaccia velata ai Paesi con minoranze russe, come il Kazakhstan e gli Stati baltici.
In un articolo sul sito «Actual comment» l’ex vice primo ministro di Putin, Vladislav Surkov, ha scritto fra l’altro: «La Russia non è più da tempo un mediatore che risolve pazientemente le dispute con i suoi vicini. La Russia otterrà quel che le spetta. L’anno prossimo sarà quello della completa disfatta e della disorganizzazione dello “Stato” fantoccio ucraino».
La guerra è quindi di natura imperiale e coloniale. La Bielorussia è già assoggettata al Cremlino grazie al truce presidente Alexander Lukashenko, al sesto mandato e ispiratore dei brogli elettorali nel 2020. Solo nel 2022 ha fatto incarcerare 1.200 dissidenti. Putin ha annunciato che nel 2024 si ricandiderà: è al potere da 23 anni ed ha emendato la Costituzione per restarvi fino al 2036. Non avrà rivali, dopo aver fatto terra bruciata delle opposizioni e annientato la società civile. In questi 23 anni l’Ucraina ha avuto cinque presidenti: ecco perché il popolo di quel Paese martoriato non vuole finire sotto il giogo di Mosca. Come non capirlo. Non si tratta di esportare la democrazia ma di non importare la dittatura.
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