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Lunedì 05 Maggio 2025
Sicurezza sul lavoro, l’allarme della Cisl Bergamo: «Serve più formazione, le aziende non fanno abbastanza»
L’ANALISI. La Cisl di Bergamo legge i risultati di un questionario tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza: «Ancora molto da fare, in azienda c’è fame di formazione». Nieri: «Partiamo da consapevolezza, condivisione, contrattazione».
Bergamo
«C’è ancora molto da fare per costruire una cultura rivolta alla prevenzione e alla sicurezza». Luca Nieri, segretario provinciale Cisl e responsabile dell’area lavoro e sicurezza, interviene sul versante della sicurezza, forte anche dei risultati di un questionario che Cisl Bergamo ha consegnato ai suoi rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza della provincia (quasi 400 persone), ricevendone uno spaccato della situazione nelle fabbriche e nei cantieri bergamaschi. E la situazione, come si può facilmente presumere, non è delle migliori.
Cosa manca nelle aziende
«I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza hanno fame di formazione, ma troppo spesso dalle aziende ne arriva poca» prosegue Nieri che leggendo i dati del questionario addita i forti limiti che resistono ancora sulla realizzazione di percorsi condivisi tra azienda e lavoratori sulle competenze. «I rappresentanti quotidianamente si occupano di verificare i cantieri e i posti di lavoro e con la loro esperienza indicano i principali punti su cui occorre insistere per arginare il fenomeno degli infortuni. Servono formazione costante e turni più sostenibili, mentre spesso c’è da considerare un ulteriore ostacolo, quello delle barriere culturali, come se avere persone preparate e formate adeguatamente per alcune aziende fosse ancora un problema, o una perdita di tempo».
Qualcuno ha sollevato il fatto che il responsabile della sicurezza deve essere un aiuto sulla sicurezza in azienda, ma dal datore di lavoro in tanti casi è visto come una spina nel fianco, e non come una risorsa
Quasi la metà degli intervistati ricopre il proprio ruolo da più di tre anni; il 61% in grandi aziende, con oltre 200 dipendenti; il 26% appartiene a aziende del settore metalmeccanico; il 53% risponde di avere un agevole accesso ai dati/documenti aziendali necessari all’espletamento del proprio ruolo; i corsi di formazione ai quali ha partecipato l’84% dei rappresentanti che hanno risposto sono stati organizzati dal sindacato, solo il 15 dall’azienda, e l’85% ritiene di aver bisogno di più formazione. Le riunioni periodiche con l’azienda per il 66% si tengono una volta l’anno, solo nel 19% dei casi ogni volta che è necessario. Il 51% delle risposte dice che raramente negli ultimi tre anni all’interno della contrattazione aziendale sono stati posti obiettivi che riguardassero la sicurezza e la salute dei lavoratori. Solo il 14% ritiene di possedere competenze adeguate in materia di sicurezza rispetto al ruolo di rappresentante della sicurezza. Dal questionario, infine, giungono le richieste di organizzare incontri a più livelli con tutti gli organi coinvolti pubblici e privati, mentre qualcuno ha sollevato il fatto che il responsabile della sicurezza deve essere un aiuto sulla sicurezza in azienda, ma dal datore di lavoro in tanti casi è visto come una spina nel fianco, e non come una risorsa.
«Si lavora non di rado in luoghi non sicuri, insalubri senza la formazione adeguata. La tutela delle lavoratrici e dei lavoratori non può prescindere dalla consapevolezza di un sistema organizzativo di prevenzione insieme a politiche e a un’organizzazione aziendale adeguata»
Le tre “C”
«Bisogna partire dalle “tre c”: consapevolezza, condivisione, contrattazione. I lavoratori devono essere soggetti protagonisti con le aziende nei percorsi di prevenzione. Devono essere considerati attori che possono dare importanti contributi su queste tematiche. Avere linguaggi comuni su questi aspetti aiuterebbe a migliorare la situazione –prosegue Nieri -, ma da parte aziendale spesso ci si scontra con un muro di gomma. Siamo in una condizione in cui diversi fattori potrebbero aiutare: dalla tecnologia, all’AI, alla fornitura dei DPI, al protagonismo dei lavoratori. Questi strumenti devono essere al servizio delle persone. Servono maggior attenzione e più risorse volte ai temi di salute e sicurezza. Maggiore informazione, più formazione e la volontà di intraprendere percorsi comuni. Dobbiamo spingere su break formativi, ancora applicati da troppo poche aziende, e soprattutto sui “near miss”, cioè gli eventi potenzialmente dannosi. Si lavora non di rado in luoghi non sicuri, insalubri senza la formazione adeguata. La tutela delle lavoratrici e dei lavoratori non può prescindere dalla consapevolezza di un sistema organizzativo di prevenzione insieme a politiche e a un’organizzazione aziendale adeguata».
Il fallimento della prevenzione
«Ogni infortunio significa che la prevenzione ha fallito e alcune variabili non sono state prese in giusta considerazione. L’ambiente di lavoro deve vedere protagonista le parti sociali, datoriali, sindacali e i lavoratori, che devono poter dire la loro. I tavoli di partecipazione e confronto devono rivedere la loro logica e diventare atteggiamenti quotidiani. La sicurezza – conclude il segretario CISL - deve partire dal contesto scolastico, da una costruzione che affronti tematiche creando la consapevolezza tra i lavoratori che nessun ambiente è privo di rischi. La sicurezza deve essere una priorità che sappia mettere in campo tutte le attività necessarie e possibili volte a difendere i diritti delle persone che purtroppo ai giorni nostri ancora muoiono, si infortunano e si ammalano».
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