Dalla Bona: «Oggi resterei a Bergamo. Coraggio e fiducia, l’Atalanta se la gioca»

IL DOPPIO EX. Samuele Dalla Bona nell’estate ’98, a 16 anni, lasciò le giovanili nerazzurre per l’avventura al Chelsea. «Londra fu la favola, ma non lo rifarei. Mi sento in debito con Zingonia, questa è sfida alla pari, un sogno per la città».

«L’Atalanta è la mia infanzia, il Chelsea la favola. Tornassi indietro a quel ragazzino consiglierei di restare a Bergamo ancora un po’. I Blues sono fortissimi ma i nerazzurri se la possono giocare con coraggio e fiducia. Questa partita sarà una meraviglia».

Samuele Dalla Bona detto «Sam» oggi dice di godersi la vita dalla giusta distanza, con un occhio al mondo e uno al calcio, presumibilmente in questo ordine. Ha 44 anni, il pallone gli solletica ancora l’anima ma senza smanie di protagonismo. «Anche se mi piacerebbe rientrare, magari come osservatore».

Quando attraversava il campo «box to box» con i capelli biondi al vento era il golden boy del calcio italiano, il «piccolo Schuster» del settore giovanile atalantino di Mino Favini. La «fuga» dell’estate 1998, lui 16enne folgorato sulla via del Chelsea di Vialli, spostò un po’ più in là le colonne d’Ercole del calcio di fine millennio, spalancando l’era della «razzia» di talenti in erba con annesse polemiche. Sam si ritrovò a Londra con Luca Percassi che oggi avrebbe abbracciato in tribuna a Bergamo. «Mi sarebbe piaciuto esserci ma purtroppo non c’è stato modo. Immagino quali emozioni possa provare Luca, sono emozionato anch’io».

Per forza, Atalanta-Chelsea è la storia della sua vita. Quali sentimenti prova riannodando il filo dei ricordi?

«Molti e differenti. L’Atalanta è il luogo dove sono cresciuto, come giocatore e come persona. Mi sento in debito con il club: se penso all’anno in cui sono tornato (2010-2011, ndr ) ho dato poco o nulla e sono ancora dispiaciuto per la società e dei tifosi. Il Chelsea è stata la favola, il sogno».

Ma Dalla Bona oggi, adulto, quella «fuga» la rifarebbe? Cosa direbbe al ragazzino di allora, nell’estate ’98?

«Gli consiglierei di restare a Bergamo, col maestro Favini nel settore giovanile, perché all’Atalanta si cresce davvero e bene. Quella vicenda fece scalpore, ferì molto i dirigenti nerazzurri e mi dispiace ancora oggi. Per questo mi pesa il fatto di non essere riuscito a dare nulla, a dimostrare il mio valore quando sono tornato all’Atalanta, in prima squadra».

Però Londra le ha cambiato la vita e l’ha lanciata nel grande calcio: 73 presenze, 6 gol e 4 assist in tre stagioni con i Blues. In un podio ideale quali sono i tre momenti più belli di Dalla Bona al Chelsea?

«L’esordio in Champions contro il Feyenoord a Stamford Bridge (novembre ’99, 3-1 per i Blues, allenatore Vialli, ndr), poi il 3-0 in casa del Manchester United (dicembre 2001, ndr) di Ferguson che all’epoca era una squadra di fenomeni, con gente come Kean, Scholes, Beckham, van Nistelrooy. Ero in camera con Fabio Cudicini e la sera prima della gara continuavamo a dire che questi ci avrebbero presi a mazzate, ne saremmo usciti a pezzi. E infine il mio gol all’Ipswich (novembre 2001, ndr), all’ultimo minuto. Ranieri era sulla graticola e quel gol e quella vittoria contribuirono a salvargli la panchina».

Vialli, Zola, Ranieri, Di Matteo, Cudicini: in quegli anni era il Chelsea degli italiani. Lei a chi era più legato?

«Vialli mi prese in Scozia, durante gli Europei Under 16, e mi lanciò nel Chelsea. Era un grande personaggio, con un carisma enorme. Mi legai molto a Cudicini, ma avevo buoni rapporti con tutti, anche con Terry e Babayaro. Eravamo un gruppo multi etnico, noi italiani stavamo benissimo».

Arrivato a Londra divideva l’appartamento con Luca Percassi. Che cosa ricorda di quei mesi e che messaggio gli manda per la gara di questa sera?

«Avevo un grande rapporto con lui e con suo padre Antonio, quando veniva a Londra a trovarlo. Antonio mi aveva preso come un figlio e per questo quando sono tornato all’Atalanta ero un po’ in imbarazzo nello spogliatoio. Quell’anno a gennaio mi voleva il Piacenza di Madonna, ma poi mi è scoppiato un polpaccio».

Il messaggio?

«Immagino sarà emozionato come lo sono, sarà una grande serata per Bergamo e l’Atalanta ha ormai raggiunto lo status per potersela giocare contro una delle squadre più forti in Europa».

Quando lei debutta in Champions col Chelsea, nel novembre ’99, l’Atalanta sta sfangando in Serie B. Che effetto le fa pensare che a Bergamo arrivino i campioni del mondo per club?

«Se penso ai miei tempi un po’ di stupore c’è ancora, ma dopo gli anni con Gasperini lo status del club è cambiato. Oggi l’Atalanta è la big delle non metropolitane, e la misura della sua forza è riuscire a competere con corazzate di questo livello».

Da Juric a Palladino cosa è cambiato?

«Vado controcorrente, a me Juric è sempre piaciuto. Stava recuperando Lookman, la sua squadra ha fatto anche buone partite, per esempio contro il Milan sembrava l’Atalanta di sempre. Mi è dispiaciuto per lui. Palladino ha riportato entusiasmo, l’anno scorso ha fatto bene a Firenze, sono convinto che riporterà l’Atalanta ai livelli di sempre, senza Retegui ma con Scamacca».

La partita col Chelsea è una gara che l’Atalanta può affrontare con animo leggero, senza troppe pressioni? Oppure le scorie del campionato rischiano di pesare?

«L’Atalanta può giocarsela alla pari, senza ansie. Il Chelsea davanti ha giocatori fortissimi, ma la mentalità giusta, quella che ha fatto grande i nerazzurri, è giocarsela per vincere, con coraggio, senza remore. A prescindere dal risultato, un posto tra le 24 è ormai alla portata, arrivare tra le prime 8 è difficile, ma la rosa è di grande qualità. Mai dire mai».

Come si mette in difficoltà il Chelsea? Qual è la chiave tattica?

«Servirà una partita super degli uomini chiave, quelli con maggiore qualità, a partire da Lookman. Davanti il Chelsea schiera fenomeni, basti pensare che ha lasciato fuori Sterling. Ma l’unica via è giocarsela con coraggio. Anche un pari sarebbe ottimo».

Tra i vari fenomeni il Chelsea ha Estevao, 18 anni. L’Atalanta ha puntato su Ahanor, 17, ma in Italia resta il tabù dei giovani. Al nuovo Dalla Bona lei oggi consiglierebbe di ripercorrere le sue orme?

«A un ragazzo del settore giovanile dell’Atalanta consiglierei di restare dov’è, perché il club ha lanciato spesso giovani di talento. Altrove in Italia è difficile. Ranieri a Londra mi lanciò in squadra e mi lasciò dentro anche quando giocavo male. Da noi i ragazzi hanno troppa pressione, se sbagliano 2-3 partite vengono tolti e non crescono più. E’ anche una questione culturale, serve un cambio di mentalità».

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