
Cronaca / Bergamo Città
Mercoledì 02 Luglio 2025
A Bergamo affittare casa per una famiglia costa mille euro al mese
LA CLASSIFICA. Per l’abitazione impiegato un terzo del reddito complessivo. Secondo uno studio della Uil la città è al 12° posto in Italia per i prezzi.
Milano, Roma. Le metropoli – la capitale economica e quella politica del Paese – restano inavvicinabili: lì il caro-casa è alle stelle e rende spesso insostenibile la vita. Ma oltre le grandissime città, o quelle a fortissima vocazione turistica come Venezia, si apre una costellazione di capoluoghi di medie dimensioni dove la casa è un salasso. Succede anche a Bergamo: qui l’affitto si porta via un terzo del reddito familiare, ed è la 12esima città in Italia con la maggior incidenza del canone di locazione rispetto al reddito. In altri termini, dinamiche di mercato che descrivono una situazione da «piccola metropoli».

Lo racconta uno studio della Uil nazionale basato sui dati ufficiali dell’Agenzia delle Entrate – che cura un puntuale Osservatorio del mercato immobiliare – aggiornati a fine 2024, prendendo a riferimento per ogni capoluogo italiano l’affitto medio di un appartamento da 100 metri quadrati, il più adatto a una famiglia con figli, e calcolando il peso percentuale del canone rispetto al reddito disponibile. Stando alla Uil, e dunque ai numeri dell’Agenzia delle Entrate, a Bergamo in media una soluzione del genere costa 1.048 euro mensili (12.576 euro all’anno) e si «porta via» il 33,5% del budget familiare. Un terzo esatto del reddito: una soglia che gli studiosi di politiche abitative indicano come il limite massimo per garantire la sostenibilità di un affitto o di un mutuo.
Sul podio ci sono Milano (1.810 euro mensili, pari al 57,9% del budget familiare), Roma (1.503 euro mensili, 48,1% del budget familiare) e Bolzano (1.433 euro mensili, 45,8% del budget familiare), nella top ten si trovano un altro paio di località lombarde (Como è 4ª col 44% d’incidenza dell’affitto, Monza è 7ª col 37,3%), poi via via si arriva appunto a Bergamo in 12ª posizione nazionale (e 4ª in Lombardia).
«Un tavolo di studio»
Chi ne paga il prezzo? «Nel nostro Paese – si legge nella ricerca nazionale della Uil –, il costo medio degli affitti è in netto aumento, soprattutto nelle grandi città, compromettendo sia il diritto all’abitare di dipendenti e pensionati, sia il diritto allo studio per gli studenti universitari». Considerazioni che valgono anche se declinate in chiave locale: «Lo studio mostra elementi preoccupanti – interviene Pasquale Papaianni, coordinatore territoriale della Uil Bergamo –. Inutile ribadire che gli aumenti contrattuali sono esigui e non riescono a coprire l’elevato costo della vita, il potere di acquisto necessita di essere potenziato al netto di misure strutturali che favoriscano specifiche materie, quali ad esempio l’accesso abitativo».
Quello della casa, prosegue Papaianni, «deve essere un diritto collegato alle altre esigenze, soprattutto delle giovani coppie e delle famiglie, si pensi all’importante platea di giovani lavoratrici e lavoratori che si apprestano a fondare una famiglia e si ritrovano in un sistema farraginoso, non solo per l’accesso abitativo, ma anche per la ricerca di misure e strumenti rivolti alla promozione della maternità e della paternità. Questi sono argomenti determinanti e fondamentali per fronteggiare anche l’attuale inverno demografico»
Quello della casa, prosegue Papaianni, «deve essere un diritto collegato alle altre esigenze, soprattutto delle giovani coppie e delle famiglie, si pensi all’importante platea di giovani lavoratrici e lavoratori che si apprestano a fondare una famiglia e si ritrovano in un sistema farraginoso, non solo per l’accesso abitativo, ma anche per la ricerca di misure e strumenti rivolti alla promozione della maternità e della paternità. Questi sono argomenti determinanti e fondamentali per fronteggiare anche l’attuale inverno demografico».
La criticità è di ampia portata e richiede soluzioni su larga scala. Occorre perciò un gioco di squadra: «A nostro avviso – prosegue Papaianni – la questione merita maggiori approfondimenti, poiché inevitabilmente investe temi nevralgici come la dispersione, l’integrazione e i servizi di prossimità. Purtroppo non esistono ricette preconfezionate, ma i positivi riscontri di collaborazione posti in essere nei tavoli di studio, ad esempio il rapporto territoriale Ocse e il Tavolo 2030, hanno consentito di stendere un documento (presentato nelle scorse settimane, ndr) che fotografa necessità e individua interventi per il territorio». Per la Uil, «questi argomenti possono essere decentrati anche all’interno degli organi istituzionali territoriali», aggiunge Papaianni, proponendo «una commissione di studio sul fenomeno, allargata ai vari attori del territorio», per «individuare i punti salienti e redigere un documento tecnico per le eventuali e future azioni politiche che si intendono attuare».
Casa e lavoro, nodi intrecciati
Casa e lavoro sono nodi intrecciati, e concordano anche gli altri sindacati. «Il costo della vita continua a erodere gli stipendi – rileva Marco Toscano, segretario generale della Cgil Bergamo –. Servono in primis buoni rinnovi contrattuali, purtroppo non è sempre così». Ne risentono «i giovani che cercano autonomia», evidenzia Toscano, ma «anche i lavoratori pubblici e dei servizi essenziali: l’attrattività di un territorio poggia anche sulla capacità di garantire servizi abitativi a chi vuole trasferirsi lì per lavoro».
«Non possiamo pensare che delle persone arrivino da fuori provincia per uno stipendio da 1.400 euro quando di affitto ne devono spenderne 800», osserva d’altronde Francesco Corna, segretario generale della Cisl Bergamo: «La città e l’hinterland arrivano a prezzi inaccessibili. Ma non è solo un problema del mercato: è una questione che chiama in causa la politica. Se ne parla ora perché l’emergenza è evidente in tutto il Paese, ma per troppo tempo l’edilizia pubblica è stata dismessa».
La Cisl rilancia una proposta: «Un fondo, magari compartecipato dalle banche – indica Corna –, dedicato a ristrutturare gli immobili pubblici per poi essere metterli in affitto. Al tempo stesso, anche il welfare aziendale e il welfare integrativo territoriale possono attivare delle leve per le politiche abitative».
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