Brumotti a Bergamo: «Oggi i giovani sono annoiati: offriamo loro più interessi» - Video

BULLISMO . Vittorio Brumotti al convegno al «Da Vinci» di Bergamo: «Diamo più fiducia». Piccinni: «Le dinamiche delle baby gang le stesse del crimine organizzato».

«Oggi i giovani sono tanto rapidi nell’utilizzare i social quanto annoiati e disinteressati a tutto: sono menefreghisti. Per questo penso che dovremmo noi adulti avvicinarci un po’ al loro mondo per comprenderne le necessità, far capire loro quanto sia importante sudare per gli obiettivi». La verve è la stessa dei suoi servizi d’inchiesta a «Striscia la notizia», mentre l’inseparabile bicicletta – spiega – l’ha lasciata in macchina. Vittorio Brumotti, campione di bike trial e inviato del tg satirico di Canale 5, parla a braccio di temi che gli stanno a cuore: i giovani, il bullismo, la droga, i social. Lo ha fatto ieri al Centro studi «Leonardo Da Vinci», ospite di un convegno sul bullismo cui hanno preso parte soprattutto insegnanti.

«A volte i giovani li abbiamo coccolati troppo: oggi si sentono dei professori sui social e in questo dobbiamo credere in loro. Dobbiamo però anche far capire loro, noi boomer ultraquarantenni, che devono esserci degli obiettivi nella vita»

«Io vivo ormai per strada – spiega Brumotti, che tra l’altro in passato ha abitato a Levate – e mi sono accorto che, se parliamo, i giovani non ci ascoltano. Le forze dell’ordine fanno un gran lavoro quando c’è da intervenire, ma dobbiamo essere un po’ tutti noi adulti a creare interessi a chi non è attirato praticamente da nulla. Il bullismo è un fenomeno che c’è sempre stato: oggi è solo più “cyber” e fa molto più male. Del resto i punti di riferimento dei ragazzi sono sui social, gli influencer: quelli che poi, quando li incontri di persona, ti sembrano diversi. Dobbiamo quindi far capire ai ragazzi quanto di vero ci sia dietro queste figure, cui tutti loro guardano come esempi da raggiungere. A volte i giovani li abbiamo coccolati troppo: oggi si sentono dei professori sui social e in questo dobbiamo credere in loro. Dobbiamo però anche far capire loro, noi boomer ultraquarantenni, che devono esserci degli obiettivi nella vita. Dobbiamo entrare nel loro mondo senza essere né Sparta né Atene: facciamo ragionare e isoliamo quelli di loro che possono rovinare un intero gruppo».

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E poi la droga: «Spiegare ai ragazzi, a parole, che fa male serve fino a un certo punto: proviamo a portarli negli ospedali a vedere le conseguenze di certi comportamenti. Facciamo sbattere loro il muso contro i problemi. Mio papà da ragazzo mi diceva: guarda che se bevi l’alcol, non avrai più i muscoli per andare in bici. Mi ha messo di fronte un problema chiaro e netto e mi ha aiutato». L’incontro è stato moderato dalla giornalista bresciana Lucia Orto e aperto dai saluti del dirigente scolastico del «Da Vinci», Luca Radici, e dalla referente della promozione per la salute dell’Ufficio scolastico territoriale, Ilenia Fontana. Relatori, oltre a Brumotti, il docente Erik Molteni, che ha sottolineato come bullismo e cyberbullismo siano due risvolti della stessa medaglia, e il giornalista de «L’Eco di Bergamo» Fabio Conti, che ha ripercorso l’inchiesta multimediale che il nostro giornale ha pubblicato sul tema del bullismo, con gli approfondimenti podcast, i dati del fenomeno e un dossier sul sito Internet.

Brumotti: «Oggi i giovani sono annoiati, offriamo loro più interessi». Video di Fabio Conti

Infine Mario Leone Piccinni, esperto del mondo web, ha tracciato le caratteristiche delle derive del mondo giovanile: le baby gang, le bande liquide, i rischi dei social e del revenge porn. Con un preciso invito: «Non sminuire certi comportamenti come ragazzate». Del resto, le baby gang «sono costituite – ha detto Piccinni, autore di diversi testi sull’argomento – da bambini-soldato che agiscono come un branco e si muovono con la logica di una banda, riproducendo le dinamiche tipiche della microcriminalità organizzata. Per questo è fuorviante confonderle con le semplici “bad company”, formate invece da ragazzini violenti ma non organizzati». Da non sottovalutare, poi, il ruolo delle ragazze nelle baby gang: «È in crescita il fenomeno delle pink gang, ragazzine cattivissime, strutturate su una gerarchia piramidale, con una leader, detta ape regina, solitamente la più spregiudicata della banda che dirige il gruppo di pari età con l’autorità e il piglio di un vero capo. Le ragazzine affiliate vengono chiamate api operaie».

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