Il papà in guerra: «Qui una festa per i figli, ne hanno bisogno»

Dall’Ucraina a Bergamo. Le prime esplosioni le hanno viste dal balcone di casa, poi fuga e l’arrivo in Seminario. Ora sono ospiti a Campagnola: «Non pensiamo al futuro».

Le esplosioni all’aeroporto di Zaporizhzhia, all’inizio di aprile, Tamara e Sasha le hanno viste dal balcone di casa, all’ottavo piano di un palazzo alla periferia della città. Gli uomini di famiglia - chi militare di professione, chi partito come volontario - combattevano già da settimane. Tamara e Sasha, mamma e figlia, non volevano lasciare l’Ucraina e così, nonostante il rumore delle bombe sotto casa, hanno deciso di restare, spostandosi un po’ più a ovest, dove speravano che la guerra non sarebbe arrivata.

Ma l’illusione è durata solo qualche giorno. «Poi un’amica mi ha proposto di venire in Italia - racconta Tamara -. Insieme a mio marito siamo partiti in auto per la frontiera polacca, poi da lì, ancora in macchina, siamo arrivati a Bergamo». Era il 10 aprile quando Tamara, 58 anni, e il marito Sergiy, 62, hanno fatto il loro ingresso in Seminario, dove in quel periodo erano accolte decine di famiglie di profughi. Sasha, la loro figlia adottiva, ha provato a restare in patria, il più vicino possibile al marito che era al fronte. Una scelta troppo rischiosa: due settimane dopo anche lei, insieme ai figli Valerii, 17 anni, e Margaryta, 11, è partita alla volta dell’Italia.

Oggi, dopo otto mesi, sono tutti e cinque ancora qui, ospiti in un appartamento all’oratorio di Campagnola messo a disposizione dalla parrocchia attraverso la Caritas. Tamara ha trovato un lavoro part-time come badante e il sabato mattina insegna a scrivere ai bimbi ucraini che frequentano una «scuola» dove i volontari insegnano loro la lingua e le tradizioni del loro Paese. Anche Sasha lavora; ha ricominciato a fare l’infermiera in una Rsa di Martinengo grazie all’aiuto di un’amica. In Ucraina lavorava in un ospedale di bambini, qui è a contatto con gli anziani, ma è il suo lavoro ed è contenta. Valerii e Margaryta si stanno integrando a scuola, lui all’Ipia Cesare Pesenti, lei in prima media all’istituto Lorenzo Lotto. Sergiy apre e chiude il magazzino all’ex dogana dove l’associazione Zlaghoda raccoglie viveri e materiale da inviare in Ucraina. «Sono arrivata da sola, con due figli, due gatti e due valigie, dove avevo messo dentro tutta la mia vita - racconta Sasha -.In pratica, non avevamo nulla. In più non sapevamo la lingua, non conoscevamo nessuno e io piangevo tutti i giorni. Qui abbiamo trovato accoglienza, affetto, un grande sostegno morale e tutto ciò di cui avevamo bisogno. La generosità dei bergamaschi è stata davvero impressionante».

A Zaporizhzhia Sasha ha lasciato il marito: «Ci possiamo sentire pochissimo, una o due volte al mese - racconta -. Le linee sono interrotte e anche la rete di Internet spesso non funziona. Cerco di pensarci il meno possibile. In questo momento chi è rimasto in Ucraina, soprattutto nelle zone più colpite dalla guerra e nei territori occupati, ha bisogno di medicine e di qualcosa per riscaldarsi: vestiti, coperte, generatori. Acqua calda non ce n’è e la luce elettrica salta 3-4 volte al giorno». Un lavoro, i figli che ormai sono inseriti nelle loro rispettive comunità scolastiche, i genitori vicino: è la nuova vita di Sasha che sta prendendo forma, seppure con un pensiero sempre rivolto al marito che combatte per l’indipendenza del loro Paese. «Mai, avrei pensato, otto mesi fa, di restare qui così a lungo», dice mentre ci fa assaggiare un dolce di ricotta, mascarpone, noci e mele. «Mi piace fare le torte, anche di notte, quando non riesco a dormire». Ha ritrovato il sorriso, Sasha, così come la piccola Margaryta e i suoi genitori.

Proviamo a chiederle dove immaginano la sua vita tra qualche anno. «È ancora troppo presto per pensarci - ammette Sasha -. Oggi stiamo cercando d’inserirci al meglio nella vita sociale, d’imparare la lingua e di lavorare. Non pensiamo al futuro, viviamo alla giornata. D’altronde, non abbiamo alternative. Un giorno, quando tutto sarà finito, vedremo. Speriamo di vincere».

L’impressione è che ci vorrà ancora del tempo prima che questo accada. Intanto è arrivato il Natale e anche nella loro nuova casa è apparso un grande albero addobbato: «Abbiamo organizzato due grandi feste, una per Natale e un’altra per Capodanno - dicono Sasha e Tamara -. Lo abbiamo fatto per i bambini, che ne hanno bisogno e se lo meritano. E poi è sempre importante, per tutti, fare festa».

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