Irpef, taglio per 275mila bergamaschi. Ma il risparmio massimo è di 260 euro l’anno

LA MANOVRA. Nella fascia tra i 15 e 28mila euro di retribuzione sui 12 mesi si passerà dall’aliquota del 25 a, 23%. «Cuneo» ridotto per 245mila lavoratori.

Una novità (dagli importi apparentemente contenuti) e una conferma (che dà invece più peso agli stipendi). Sul fronte delle buste paga, la ricetta della manovra varata dal governo mette al centro sostanzialmente questi due ingredienti: la rimodulazione degli scaglioni Irpef – con vantaggi per almeno 275mila bergamaschi, tra lavoratori e pensionati – e la proroga anche per il 2024 della riduzione del cuneo contributivo, misura di cui già quest’anno beneficiano 245mila lavoratori in Bergamasca.

Nell’ordine, la novità vera e propria è l’Irpef. Gli scaglioni passano da quattro a tre: ci sarà un unico «gradino» con aliquota unica al 23% per tutti i redditi fino a 28mila euro (s’intendono sempre i redditi annui lordi), mentre prima questa fascia era spezzata in un primo scaglione fino a 15mila euro (con aliquota al 23%, situazione invariata) e tra 15mila e 28mila euro (con aliquota al 25%, ecco ora lo «sconto»); restano invece immutati gli altri scaglioni, quello da 28-50mila euro (aliquota al 35%) e quello per i redditi oltre i 50mila euro (aliquota al 43%).

Chi ci guadagna

In sostanza, il vantaggio è per chi guadagna tra i 15mila e i 28mila euro, la cui aliquota Irpef si abbasserà di due punti percentuali: dovrebbero beneficiare di questa misura almeno 275mila bergamaschi, visto che gli ultimi dati pubblicati dall’Agenzia delle Entrate indicavano 273.759 contribuenti bergamaschi con un reddito tra i 15mila e i 26mila euro (queste statistiche fiscali hanno un perimetro lievemente diverso da quella degli scaglioni). Ma quanto vale, in concreto, questo taglio dell’Irpef? Il beneficio pare risicato, ma la maggior parte delle stime parla di un «risparmio» massimo di 260 euro all’anno, cioè fino a circa 20 euro al mese.

Muta leggermente anche la «no tax area», la soglia di reddito per cui non si paga l’Irpef, che viene uniformata per tutti a 8.500 euro (prima erano a 8.500 euro i pensionati, mentre i dipendenti erano a 8.145); in realtà, per via dei meccanismi di detrazioni e trattamenti integrativi, la «no tax area» dei dipendenti può essere più alta. Nota a margine: queste norme hanno validità al momento solo per il 2024, dunque non sono «perenni».

Il cuneo contributivo

Più corposa, in termini di effetto in busta paga, la conferma anche per il 2024 della riduzione del cuneo contributivo attualmente in vigore (e che, senza manovra, sarebbe scaduta a fine anno), cioè la riduzione del peso dei contributi (senza però perdite a fini pensionistici): la riduzione è del 7% per i redditi fino a 25mila euro e del 6% per quelli dai 25mila ai 35mila euro; la misura interessa circa 245mila lavoratori bergamaschi. A livello di simulazioni, una retribuzione lorda annua di 10mila euro (769 euro/mese, su 13 mensilità) dovrebbe beneficiare di un «plus» di 515 euro annui (39 euro/mese, su 13 mensilità); con 20mila euro lordi annui (1.538 euro/mese, su 13 mensilità) il «guadagno» è di 881 euro annui (67 euro/mese, su 13 mensilità); a 25mila euro annui (1.923 euro/mese, su 13 mensilità) il «bonus» è di 1.102 euro annui (84 euro/mese, su 13 mensilità); a 35mila euro annui (2.692 euro/mese, su 13 mensilità) il vantaggio è di 1.122 euro annui (86 euro/mese, su 13 mensilità).

I sindacati

La riflessione dei sindacati parte dall’impianto generale della manovra: «Ci sono le risposte ad alcune questioni che avevamo posto – premette Francesco Corna, segretario generale della Cisl Bergamo –: la proroga del taglio contributivo, lo stanziamento di risorse per il rinnovo dei contratti pubblici, i 3 miliardi per la sanità. Una valutazione più appropriata ci sarà dopo l’approvazione del testo definitivo, in particolare sulle pensioni abbiamo forti perplessità e vogliamo vedere il testo finale». Per Marco Toscano, segretario generale della Cgil Bergamo, «la manovra manca di molti contenuti: mancano politiche industriali e l’attenzione alla transizione verso la sostenibilità. Non ci sono risposte vere e proprie ai bisogni del Paese: i tre miliardi sulla sanità sono in parte già erosi dall’inflazione».

Quanto al combinato tra Irpef e cuneo contributivo, «la riduzione delle tasse sul lavoro è ciò che da tempo sosteniamo – rimarca Corna -. L’auspicio è che la riduzione divenga strutturale. Certo l’entità della manovra non è molto ampia ed è fatta in deficit». «L’impatto della nuova modulazione dell’Irpef è davvero molto limitato sulle buste paga – sottolinea Toscano -, mentre il taglio contributivo è la conferma di quanto già in essere. Mancano invece risorse per sostenere e rilanciare la contrattazione».

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