«La gioia è per tutti, si compie nelle pieghe della condivisione»

L’ASSEMBLEA DIOCESANA. Il Vescovo ha presentato la sua nuova Lettera pastorale: oltre 500 in platea.

«Annunciamo la gioia in punta di piedi, perché sappiamo quanta fatica, dolore e smarrimento abitano la vita delle persone». Con queste parole il Vescovo Francesco Beschi sabato 13 settembre ha consegnato alla Chiesa bergamasca la sua nuova Lettera pastorale, presentata durante l’Assemblea diocesana che ha radunato al Seminario Vescovile Giovanni XXIII oltre cinquecento persone: sacerdoti, diaconi, consacrate e consacrati, laici, membri di associazioni e movimenti, delle opere e fondazioni diocesane. Un momento di unità e comunione che ha restituito l’immagine di una comunità viva, capace di camminare insieme.

Al tavolo dei relatori, accanto a monsignor Beschi, c’erano monsignor Michelangelo Finazzi, Vicario episcopale per i laici e la pastorale, monsignor Luigi Paris, Vicario episcopale per le unità pastorali e la formazione del clero, l’abate dom Giordano Rota, Vicario episcopale per la vita consacrata, monsignor Mario Eugenio Carminati, Vicario episcopale per gli affari economici e Federica Crotti, vicedirettrice dell’ufficio per la Pastorale dell’età evolutiva, in veste di moderatrice.

Il tema offerto per il nuovo anno pastorale è «Servire la vita, servire la gioia di vivere»

A introdurre l’intervento del Vescovo è stato un momento musicale molto coinvolgente con l’orchestra d’archi de «La Nota in Più», che ha avuto la capacità di dare forme e volti alla gioia di cui parla la lettera pastorale, e ha creato un’atmosfera particolare nell’assemblea, toccando corde profonde e sensibili: «Credo veramente che ci abbia aperto il cuore alla gioia – ha detto il Vescovo –, qualcosa che quasi ci intimorisce, e non vorremmo solo ritrovarla, ma anche condividerla, comunicarla, raccoglierla e restituirla».

Il tema

Il tema offerto per il nuovo anno pastorale è «Servire la vita, servire la gioia di vivere». Una scelta che il Vescovo ha motivato con parole semplici e dense: «Uno dei frutti che vorremmo poter raccogliere è proprio quello della gioia, offrendolo al tempo che ci attende e agli uomini e alle donne che compongono il tempo con la loro vita. Dopo essere stati “pellegrini di speranza” possiamo diventare testimoni della gioia del Vangelo». Non si tratta, ha ribadito, di una gioia superficiale o rumorosa, ma di quella che nasce dall’incontro con Dio e con i fratelli: «La gioia cristiana è per tutti. Si compie nelle pieghe della quotidianità e della condivisione».

«Ubuntu»

Per spiegare meglio lo stile della gioia, monsignor Beschi ha raccontato un episodio tratto da un libro che lo ha colpito: un gruppo di bambini africani, invitati a correre per vincere un cesto di frutta, inaspettatamente sceglie di muoversi e arrivare insieme, senza che uno solo ottenga il premio, spiegando questo comportamento con una sola parola: “Ubuntu”, che pone l’accento sull’interconnessione tra gli individui e la comunità, come un corpo solo: «Io non sono se noi non siamo». «Come posso essere felice quando gli altri sono tristi?» ha ribadito il Vescovo, indicando in questo insegnamento una chiave preziosa anche per la vita ecclesiale: la gioia non è individuale, ma cresce solo nella condivisione.

Il cantico del Magnificat

La Lettera pastorale indica chiaramente che il servizio della gioia passa anche mettendo in comune le fatiche e delle ombre della vita: «è questa la via lungo la quale servire la gioia». L’icona biblica scelta per quest’anno è il cantico del Magnificat, inno della gioia cristiana: «Ci prendiamo l’impegno di farla diventare vita». L’immagine scelta è quella della Madonna del Magnificat di Sandro Botticelli conservata alle Gallerie degli Uffizi di Firenze, in cui il pittore immagina che Maria scriva il cantico di suo pugno, trasmettendo quasi un invito a tradurla in vita quotidiana.

Le azioni

Una via da seguire, quindi, con azioni concrete, che vengono indicate nella Lettera pastorale: rispondere alla tristezza dell’abbandono con la premura della vicinanza, alla solitudine con la luce di piccoli gesti quotidiani, all’egoismo con il dono gratuito, alla banalità con la bellezza dell’arte e del creato. «Solo così la gioia diventa seme di speranza, capace di trasformare la realtà». Monsignor Beschi ha voluto presentare la riflessione contenuta nella Lettera pastorale come una melodia, composta da cinque «note di gioia»: nascere, festeggiare, condividere, accogliere, servire.

Il Vescovo ha anche ricordato i segni concreti che, già oggi, testimoniano questa gioia, e che caratterizzeranno la vita diocesana durante quest’anno

La nascita come miracolo che interpella non solo i genitori ma l’intera comunità: «Avete dato un corpo, ora dovete dare un’anima», ha detto il Vescovo citando un passo di un monologo di Giacomo Poretti, che poi è partito proprio dal tema della nascita nel suo intervento all’assemblea. La festa come stile della vita cristiana, che trova nella parrocchia, nell’oratorio, in famiglia la sua casa. La condivisione come scelta sinodale, l’accoglienza come prova di umanità, il servizio come forma più alta del battesimo vissuto. Ha messo un accento particolare sui «ministeri istituiti», auspicandone la diffusione nelle comunità, come forme di assunzione di responsabilità nelle comunità. Il Vescovo ha anche ricordato i segni concreti che, già oggi, testimoniano questa gioia, e che caratterizzeranno la vita diocesana durante quest’anno. Prima di tutto il cinquantesimo anniversario della Caritas bergamasca, e i segni giubilari dell’inaugurazione di alcune opere: la nuova Casa di accoglienza Marina Lerma de l’Angelo Custode, la Comunità de «La Casa» a San Paolo d’Argon, l’imminente inaugurazione del Museo diocesano Adriano Bernareggi nella nuova sede in Piazza del Duomo. «Tutti segni – ha ricordato il Vescovo - che parlano di una Chiesa che non si arrende alla tristezza ma sceglie di generare speranza».

Il «Bilancio di missione»

Nel corso dell’assemblea è stato presentato anche il primo «Bilancio di missione» della Diocesi di Bergamo, un racconto articolato, come è emerso dagli interventi di monsignor Finazzi, monsignor Mario Eugenio Carminati, e don Enrico Minuscoli, economo della diocesi.

Anche questo bilancio, come ha sottolineato il Vescovo, è un modo per rendere presente nella nostra Diocesi lo spirito e le direzioni del cammino sinodale, che invita la Chiesa italiana a farsi prossima, responsabile, trasparente. «Il primo Bilancio di missione della Diocesi nasce da questa volontà: raccontare, con sincerità e gratitudine, la vita e le opere che il Signore rende possibili». Ogni gesto, ogni scelta, è un tassello che costruisce quella «gioia più forte della morte» che una bambina, in un racconto che il Vescovo ha voluto condividere, chiedeva al nonno: «Dammi qualcosa che non muoia».

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