«Mio figlio costretto a subire le prepotenze dei più grandi»

LA MAMMA. La testimonianza: «Tutto è iniziato quando mi hanno convocata gli insegnanti: Lorenzo era cambiato».

«È iniziato tutto quando mi hanno convocato gli insegnanti: mio figlio Lorenzo non era più partecipativo, si isolava, non si relazionava con i compagni, rispondeva a monosillabi alle maestre, il rendimento si era stranamentre abbassato. Ai tempi era in quinta elementare e frequentava la scuola in un istituto onnicomprensivo, che includeva medie e superiori».

Inizia così il racconto di Simona, mamma di Lorenzo, che frequenta la quinta elementare. «Quanto mi dissero gli insegnanti mi stupì molto, perché io, a casa, non mi ero accorta di nulla, mi sembrava il Lorenzo di sempre, tranquillo, forse un po’ più taciturno, ma non era mai stato un gran chiacchierone. Insomma, non capivo, però il colloquio con le insegnanti mi spinse a riflettere e a dare maggiore importanza ad alcuni segnali che avevo colpevolmente ignorato. Lorenzo usciva sempre per ultimo da scuola e, al mattino, cercava di ritardare l’entrata, con vari espedienti (il libro dimenticato da tornare a prendere, la giacca che non si allacciava, l’errore sul bottone dell’ascensore) e non chiedeva più di andare da un suo compagno per i compiti, adducendo ogni tipo di scusa. E lo sguardo, quegli occhi così spenti, assenti, tristi, di cui non avevo voluto preoccuparmi».

Utile lo sportello psicologico scolastico

«D’accordo con le insegnanti, ho chiesto che mio figlio potesse accedere allo sportello psicologico scolastico, che ha iniziato a frequentare settimanalmente. Gli incontri devono averlo aiutato a recuperare un po’ di fiducia in se stesso e, soprattutto in me, perché, poco prima di Natale, è entrato in cucina e mi ha detto: “Mamma, ti devo parlare” e mi ha raccontato che da diversi mesi aveva paura del fratello maggiore di un suo compagno, un ragazzino delle medie che incontrava in palestra e che gli faceva degli “scherzi”, sottraendogli libri, quaderni e oggetti vari. Per recuperarli era obbligato a “superare delle prove”, anche davanti ai ragazzi più grandi, quelli delle medie. Prove di abilità fisica, mentale o di coraggio nel chiedere o nel dire qualcosa di inappropriato a qualcuno (soprattutto ai più grandi)».

«Mi ha detto anche che ormai tutta la classe lo considerava antipatico – prosegue nel racconto Simona – perché durante l’intervallo, prima o dopo l’ingresso a scuola era sfuggente, non stava più con loro. Ho immaginato con quanta sofferenza avesse subito quelle prepotenze e, dopo le vacanze natalizie, decisi di fargli cambiare scuola. Sia lui sia io ci siamo fatti aiutare da uno psicologo e oggi siamo finalmente sereni. Ho iniziato la mia storia dicendo che “È iniziato tutto quando mi hanno convocato gli insegnanti”. Oggi, dopo tanto lavoro di riflessione anche su me stessa, non posso non sottolineare che l’espressione va corretta: è iniziato tutto per me. Per mio figlio è iniziato tutto molto prima».

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