Cronaca / Bergamo Città
Domenica 09 Novembre 2025
Redditi nella Bergamasca, il 61% sotto i 26mila euro lordi: «Aumentano disuguaglianze e fragilità»
I DATI. Peggio della media regionale. Pessina: «Non tengono il passo con il costo della vita». Dal 2015 il lavoro dipendente ha perso il 2,5% di potere d’acquisto. Pensioni: divario di genere.
In poco meno di dieci anni, il mondo è cambiato. Non i redditi, almeno in Bergamasca: dal 2015 al 2023, l’incremento a valori reali – cioè rapportato al costo della vita, al potere d’acquisto – è stato appena del +0,4%. A fotografare questo trend di sostanziale stagnazione, in linea con quanto accade nel resto del Paese, è la ricerca realizzata dal centro studi Across Concept per conto dello Spi Cgil di Bergamo sulla base delle principali variabili socio-economici legati al nostro territorio.
«Serve un impegno concreto per garantire pensioni dignitose, una fiscalità più equa e servizi di prossimità che riducano le disuguaglianze»
La fatica di stipendi e pensioni
Emerge ancora una volta la «fatica» di stipendi e pensioni, oltre a elementi di criticità che intaccano anche un’area tradizionalmente abbiente: soffre soprattutto il lavoro dipendente, che sempre nell’ultimo decennio ha perso il 2,5% di potere d’acquisto, prevalentemente perché gli aumenti (legati ai contratti o agli avanzamenti di carriera) risultano alla lunga inferiori all’inflazione galoppante. Chi sorride? Soprattutto il lavoro autonomo: secondo tale prospettiva, il potere d’acquisto dei professionisti è aumentato addirittura del 50%. «I dati confermano ciò che da tempo vediamo sul territorio – rileva Giacomo Pessina, segretario generale dello Spi Cgil Bergamo –: pensioni e redditi che non tengono il passo con il costo della vita, soprattutto per le donne, e un numero crescente di persone anziane che faticano ad affrontare le spese quotidiane e i costi sanitari».
La fotografia
Altri numeri ancora evidenziano un gap di competitività con altre zone della Lombardia o del Settentrione. In provincia di Bergamo, infatti, il reddito medio si attesta a 26.351 euro annui, cioè quasi duemila euro in meno rispetto alla media regionale. Più nel dettaglio, il 61% dei contribuenti orobici dichiara un reddito annuo fino a 26mila euro lordi: anche in questo caso, la quota dei redditi bassi è leggermente più elevata sia rispetto alla media lombarda (58,9%) sia a quella dell’intero Nord Ovest (60%).
Gli squilibri nellep ensioni
Capitolo pensioni. Qui lo scenario si fa più complesso: da un lato gli assegni sono il riflesso del vissuto professionale combinato ai meccanismi previdenziali che nel tempo si sono succeduti, mentre l’importo viene automaticamente adeguato all’inflazione, ma negli ultimi anni la rivalutazione non è stata «piena» (sono stati previsti scaglioni differenziati). E il risultato qual è, oggi? «Le pensioni, pur rappresentando una protezione importante contro la povertà, riflettono forti squilibri economici e di genere – annota il sindacato –: il 32,6% degli assegni è inferiore a 1.000 euro lordi al mese e le pensionate bergamasche percepiscono in media la metà degli uomini (50,1%), uno dei divari più ampi in Lombardia». Per questo, secondo Pessina, «serve un impegno concreto per garantire pensioni dignitose, una fiscalità più equa e servizi di prossimità che riducano le disuguaglianze». Quanto alle sacche di povertà, «si può ragionevolmente ipotizzare che il numero di individui in povertà assoluta nella provincia di Bergamo sia pari o superiore alla stima formulata nel 2019 dal Consiglio dei Sindaci di Ats Bergamo – si legge nella ricerca –, che indicava circa 60mila persone, corrispondenti a oltre il 5% della popolazione residente». Una stima non distante dai recenti dati dell’Istat secondo cui «la Lombardia presenta un’incidenza di povertà relativa pari al 6,7%. Sono segnali di preoccupazione che tornano nuovamente alla luce e che portano a ragionare sul da farsi: «La fotografia restituita dalla ricerca – concludono dallo Spi Cgil – conferma la necessità di rafforzare il confronto con le istituzioni locali per politiche pubbliche capaci di contrastare la vulnerabilità economica e sostenere concretamente la qualità della vita delle persone anziane nella nostra provincia».
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