Sangue e plasma, in 10 anni calo di 10mila donazioni: «Al lavoro per rilanciarle»

IL BILANCIO. In provincia si è scesi dalle 71.424 del 2013 alle 61.978 del 2022 Artemio Trapattoni (Avis): «Pesa anche la carenza di medici e di infermieri».

È un bene prezioso come la vita. Oltre la retorica c’è la concretezza, l’importanza del sangue (e del plasma) e della donazione. Gli ultimi tempi, però, non sono dei più semplici: le donazioni sono in calo, in Bergamasca nel giro di dieci anni se ne sono perse quasi diecimila. È una parabola di calo comune al resto del Paese, senza tracolli ma con uno stillicidio costante, al netto di un effetto Covid già riassorbito.

Nel 2013, l’Avis provinciale di Bergamo aveva infatti contato 71.424 donazioni tra sangue e plasma; nel 2022 si è scesi a 61.978, con un calo attorno al 13,5% sul decennio. Anno dopo anno, la contrazione – escludendo il crollo del 2020, legato ovviamente al lockdown – è stata al massimo del 3%, ma ogni anno – tranne il 2021 – s’è chiuso col «segno meno».

«L’andamento è generalizzato anche nelle altre province lombarde e a livello nazionale, e Bergamo, pur in discesa, resta comunque a ottimi livelli. Ma non dobbiamo difenderci pensando che il calo sia diffuso in tutto il Paese: vogliamo lavorare per rilanciare le donazioni», è la sintesi che tratteggia Artemio Trapattoni, presidente dell’Avis provinciale di Bergamo. Un timido segnale di controtendenza si scorge nel bilancio dei primi cinque mesi del 2023: rispetto a gennaio-maggio 2022, infatti, le donazioni sono scese «solo» dello 0,7% (da 26.470 a 26.284), dunque con una riduzione più contenuta rispetto agli anni precedenti.

Il perché del calo

A rendere discendente la traiettoria della donazione è un mosaico di fattori. «Sull’ultimissimo periodo incide il ritorno alla normalità – ragiona Trapattoni –: dopo due anni di pandemia sono ripresi i viaggi per lavoro o per svago, e va considerato che quando si ritorna da un viaggio fuori dai confini europei poi c’è una sospensione delle donazioni (lo prevede la normativa, ndr). In altri casi, il lavoro può avere ritmi più pressanti e questo riduce il tempo da poter dedicare alla donazione». Un’altra possibile causa è l’ennesima sfaccettatura di una certa fragilità della sanità: «Anche noi facciamo i conti con la carenza di medici e infermieri – rileva il presidente dell’Avis provinciale –. Se non c’è personale sanitario a sufficienza, dobbiamo ridurre l’ampiezza delle agende. E se si riduce il numero di posti prenotabili, si riduce il totale delle donazioni».

Il ruolo dei giovani

Costruire una nuova sensibilità è fondamentale. Ieri era la Giornata mondiale del donatore del sangue, ma il lavoro dell’Avis è ovviamente quotidiano. «Quest’anno abbiamo lanciato una nuova campagna associativa, affidata ai giovani: 20-25 ragazzi dell’Avis hanno lavorato sul tema della donazione, si sono messi in gioco con delle fotografie che raccontano loro stessi e che sono state diffuse sui social, su borracce, su borse di cotone – spiega Trapattoni –. Il messaggio è: «Donare è bello, vieni anche tu». Perché il gesto del dono non è limitante, ma dà un valore aggiunto».

Anche a livello nazionale il ministero della Salute ha avviato una nuova campagna («Dona vita, dona sangue» lo slogan): solo il 2,7% degli italiani dona sangue, mentre il sistema delle trasfusioni contribuisce a salvare 1.800 vite al giorno. Qualche numero: per salvare una persona ferita in un incidente stradale servono fino a 10 sacche di sangue, per un trapianto di fegato fino a 40, un talassemico necessita fino a 50 sacche l’anno; per un produrre i medicinali per trattare un paziente emofiliaco, occorrono 1.200 donazioni di plasma.

Plasma, nuova sensibilità

Disaggregando i dati totali delle donazioni, si scorge come l’andamento dell’ultimo decennio segnali una doppia velocità: è soprattutto il sangue a calare, mentre il plasma regge. Nel 2014, ad esempio, le donazioni di sangue erano state circa 53.500 e quelle di plasma 16.200; nel 2022 si sono invece contate poco meno di 45.700 donazioni di sangue (ecco il calo) e circa 16.300 di plasma (in linea col passato).

«Soprattutto nel 2021 – aggiunge Trapattoni – c’è stato un incremento delle donazioni di plasma: il Covid ha fatto capire l’importanza anche di questa donazione, come viene raccolto e a cosa serve».
La donazione ha ovviamente un risvolto concretissimo nell’attività quotidiana degli ospedali. «A livello provinciale e regionale abbiamo un’autosufficienza – conclude Trapattoni –, e anzi si contribuisce a cedere parte del sangue raccolto in favore a regioni o province meno fortunate. L’obiettivo dell’Avis è però quello di raggiungere l’autosufficienza nazionale: al momento è garantita per il sangue, mentre non è ancora raggiunta per il plasma. Questa situazione costringe l’Italia a dover acquistare all’estero delle quantità di plasmaderivati, con una spesa per lo Stato. Sta sorgendo peraltro un problema: gli Stati Uniti, il maggior esportatore mondiale di plasma, sta iniziando a ridurre le cessioni perché anche loro avvertono una carenza di donazioni. Tutto ciò ribadisce ulteriormente l’importanza della donazione».

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