Sfratti sbloccati dopo due anni, nella Bergamasca a rischio 1.578 famiglie

Scaduto lo stop alle esecuzioni disposto per la pandemia. Negli ultimi 24 mesi gli inquilini hanno ricevuto la convalida dal tribunale.

La macchina si è rimessa in moto e dopo due anni a motori spenti, la pressione sull’acceleratore rischia ora di travolgere centinaia e centinaia di famiglie. Per la precisione 1.578, solo per quel che riguarda il 2020 e il 2021. Tanti sono i nuclei familiari che negli ultimi 24 mesi hanno ricevuto dal tribunale di Bergamo una convalida di sfratto. Il blocco delle esecuzioni, deciso dal Governo a causa dell’emergenza Covid, è scaduto il 31 dicembre 2021 e non è stato rinnovato. La preoccupazione delle famiglie interessate è altissima in questo periodo; dopo un gennaio tutto sommato «clemente», in cui i motori si sono riaccesi a basso regime, ora il timore è che il numero degli sloggi possa impennarsi da una settimana all’altra. Con un’altra incognita, quella della mancanza di alloggi pubblici in grado di ospitare, almeno temporaneamente, le famiglie morose costrette a restituire le chiavi ai proprietari degli appartamenti. Tutto questo, in attesa dell’attivazione di una cabina di regia sull’emergenza casa, che i sindacati stanno chiedendo da tempo alla Prefettura (l’apertura di un tavolo al quale si siederanno tutti gli attori protagonisti della vicenda è prevista a breve).

Lo sblocco degli sfratti è avvenuto a tappe, con alcuni iter che sono ripartiti la scorsa estate e altri ancora (come la notifica degli sloggi da parte del tribunale) in autunno. La richiesta di prorogare ulteriormente il blocco delle esecuzioni, che pure avevano avanzato le associazioni che difendono i diritti degli inquilini, non è stata accolta dal governo, nonostante il prolungamento dello stato di crisi dovuto alla pandemia fino al 31 marzo. E il 2022 rischia di essere un altro anno nero, dopo il forte aumento delle pratiche di sfratto finite in tribunale l’anno scorso a causa della crisi economica. «L’allarme e la preoccupazione sono altissimi – ammette Roberto Bertola, segretario generale Sicet-Cisl di Bergamo –. Fino ad oggi le mosse degli ufficiali giudiziari sono state contenute, probabilmente anche considerando il perdurare dell’emergenza sanitaria. Tuttavia ci aspettiamo che le esecuzioni andranno moltiplicandosi di settimana in settimana».

I numeri resi noti dal sindacato relativi alle convalide di sfratto ad opera della cancelleria del Tribunale di Bergamo, parlano chiaro e fotografano una situazione che è andata peggiorando nel 2021 in maniera molto più marcata, rispetto alle previsioni. Nel 2019 le notifiche di sfratto furono 546, in linea con gli anni precedenti; nel 2020 la quota salì a 629, per raggiungere il record di 949 convalide nell’anno appena trascorso, vale a dire quasi il 75% in più rispetto a due anni prima. E il rischio che nel 2022, con il perdurare della crisi economica, questo valore possa addirittura aumentare, è concreto. «Parliamo di cifre che mettono ansia – dice ancora Bertola –. Gli effetti della ripresa in atto ancora non si vedono e quel che è certo è che nel 2022 i tribunali continueranno ad emettere convalide di sfratto. Se però le esecuzioni saranno effettivamente realizzate, il problema grosso è capire dove finiranno queste persone». I Comuni non hanno disponibilità di alloggi a sufficienza per ospitare i nuclei familiari sfrattati e il nodo sulla loro destinazione è più che mai intricato: «L’ansia c’è perché non sappiamo cosa succederà domani – è il commento del segretario del Sicet –. Purtroppo non esiste un piano di edilizia pubblica in grado di assorbire questi numeri, case popolari non ce ne sono e abbiamo già più di mille nuclei familiari in città con la domanda idonea e in attesa di un’assegnazione che non arriva perché mancano gli appartamenti».

Le speranze sono tutte rivolte al tavolo che si aprirà presto in Prefettura: «Abbiamo chiesto un intervento già a giugno – ricorda Luisella Gagni, segretaria generale Sunia Cgil –. Sta scoppiando una bomba sociale che noi avevamo purtroppo previsto da tempo. D’altronde in questi mesi abbiamo assistito a una forte contrazione del reddito: tanti lavoratori hanno perso il loro posto, accentuando così una problematica che prima del Covid si era tutto sommato stabilizzata. I bonus affitto stanziati attraverso i Comuni in tempo di pandemia non hanno avuto l’effetto benefico tanto atteso, perché legati all’accettazione dei proprietari. Tanti di loro non hanno accettato sebbene la morosità, in molti casi, non fosse elevata. Servirebbe dare un po’ più di tempo a queste famiglie per recuperare i debiti, anche se oggettivamente non è una soluzione che oggi appare percorribile. Ma ci si doveva pensare prima».

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