Università, scure sui posti di Medicina. Meno 529: in Lombardia calano di 39

Sanità. Il ministero ha pubblicato il decreto per l’accesso ai corsi di laurea dell’anno 2023/2024. Marinoni: «Programmazione corretta, non c’è correlazione con l’attuale carenza di dottori».

Meno posti per Medicina? Di primo acchito pare un passo indietro che cozza con i proclami recenti. A uno sguardo più approfondito, emergono però due motivazioni: rispetto a quel che accadeva diversi anni fa, i posti sono comunque di più; e poi, c’è una questione di programmazione con scenari diversi. Il ministero dell’Università ha pubblicato nella serata di venerdì il decreto che definisce – in via provvisoria – i posti disponibili per l’accesso ai corsi di laurea in Medicina per l’anno accademico 2023/2024: i posti sono in calo rispetto al 2022/2023, con un arretramento di un migliaio complessivo. In particolare, i posti per i candidati residenti in Italia saranno 14.211, cioè 529 in meno rispetto all’anno precedente, mentre per i candidati di Paesi extra Ue residenti all’estero saranno 576, cioè 560 in meno rispetto all’anno precedente.

Il calo si osserverà anche nelle Università lombarde: guardando solo ai posti previsti per i residenti in Italia, dovrebbero essercene 39 meno, pur con una situazione a macchia di leopardo. Nel dettaglio: considerando il decreto appena varato (ancora provvisorio nell’assegnazione, ma il dato definitivo solitamente non si discosta di molto), l’Università di Brescia in realtà avrebbe 71 posti in più (da 229 a 300) e il «San Raffaele» aumenterebbe di 64 unità (da 686 a 750), mentre l’Insubria rimane stabile a 149 (come nel 2022/2023). Il saldo complessivo è negativo perché gli altri atenei segnano una flessione più marcata: la Statale di Milano perderebbe 45 posti (da 515 a 470), la Bicocca dovrebbe avere 26 posti in meno (da 176 a 150) e Pavia 103 in meno (da 401 a 298). Totale: 39 posti in meno.

«Bisogna guardare a questi numeri con attenzione – premette Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo –, perché non hanno una correlazione con l’attuale carenza di medici. Chi inizierà il percorso formativo in autunno non lo terminerà prima di 9-12 anni, considerando la durata del corso di laurea e della successiva specializzazione, più gli eventuali tempi morti. Negli ultimi anni c’è stato un tendenziale aumento dei posti, soprattutto per le specializzazioni, e per il prossimo futuro le esigenze di programmazione dovrebbero essere diverse: si esaurirà infatti l’attuale gobba pensionistica».

In altri termini: oggi il saldo dei medici in servizio è negativo perché sono più quelli che escono (i pensionati) di quelli che entrano (i nuovi camici bianchi, per via di errori di programmazione del passato); tra una dozzina d’anni i flussi pensionistici saranno rallentati e le nuove leve saranno invece di più. «Una programmazione corretta è fondamentale – rimarca Marinoni –: da un lato si deve definire una previsione in linea con i bisogni, dall’altro lato non si può formare un numero eccessivo di medici col rischio che a qualcuno manchi il posto di lavoro perché non si faranno assunzioni». Dal 2023, tra l’altro, per l’accesso a Medicina partirà il sistema dei «Tolc»: il test d’ingresso non sarà più in un’unica tornata, ma ci saranno due sessioni in cui si potrà svolgere il «Tolc» (acronimo di «Test on line Cisia», dal nome del Consorzio interuniversitario per i sistemi integrati per l’accesso). La prima finestra sarà dal 13 al 22 aprile, la seconda sarà dal 15 al 125 luglio; ai fini della graduatoria d’accesso, sarà possibile «selezionare» il miglior punteggio ottenuto.

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