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Mercoledì 28 Maggio 2025
Presagi futuri nel romanzo giovanile di Edgar Morin
LA RECENSIONE. Figlio di una famiglia originaria di Livorno, Edgar Morin è il più importante filosofo e sociologo francese la cui lunga vita fra poco più di un mese taglierà il traguardo dei 104 anni.
Nato a Parigi, Morin è famoso in tutto il mondo per i suoi testi sulla politica della civiltà e sulla teoria del cinema e più in generale su quello che lui stesso definisce come pensiero complesso, ma è a un romanzo, scritto precocemente a 25 anni, nel 1946, a cui Edgar Morin sembra decidere di affidare una sintesi del proprio pensiero. Quasi come fosse stato un presagio del proprio destino futuro, Morin dà corpo al racconto della propria giovinezza con un testo narrativo conservato accuratamente da allora nei cassetti del suo studio e che ha visto la luce con la pubblicazione in Francia solo nel giugno dello scorso anno.
«L’anno ha perso la sua primavera» (Guanda, nella bella ed empatica traduzione di Silvia Turato) disegna il ritratto di un pensatore da cucciolo, a partire dai primi tragici traumi famigliari. Ovvero la perdita della madre quando l’autore ha solo dieci anni e la resa di quello che resta della sua famiglia, che obbligherà necessariamente il giovane Albert Mercier - questo il nome del personaggio su cui Morin trasla la propria esistenza - a cercarsi una famiglia alternativa, che lui saprà trovare a scuola nella forma dei compagni di classe, ma in particolare di maestri e professori. Quella descritta da Morin è una straordinaria epopea, un romanzo di formazione che prende avvio dagli albori del Novecento, descrivendo attraverso gli occhi di un bambino e poi di un ragazzo il mondo e il suo impazzimento prendere violentemente forma.
Oltre che essere un romanzo appassionante figlio di una tradizione romanzesca novecentesca, che va ben al di là del testo autobiografico, «L’anno ha perso la sua primavera» offre, tra le righe, la genesi di un pensiero teorico raffinato e ancora oggi fortemente centrale. Un romanzo, quello di Morin, che ricorda da vicino alcuni degli scritti letterari di Elias Canetti: là dove protagonista è Berlino nel bailamme della caduta della repubblica di Weimar, qui è la Parigi del Front populaire, che vede la sua sconfitta storica tramutarsi nell’invasione nazista con la spaccatura che segnerà profondamente il Paese dividendolo tra Resistenza e Repubblica di Vichy. La forza di Morin è quella di offrire un ritratto intimo e fortemente personale, ma anche il racconto, praticamente in presa diretta, dell’Europa che diviene un campo di battaglia, mentre lui diventa adulto.
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