
Cronaca / Isola e Valle San Martino
Giovedì 31 Luglio 2025
Inchiesta Vitali: i tre prestanome e i timori dell’ex ad sulla scissione
LE INDAGINI. Nelle intercettazioni il dirigente critica l’utilizzo di «teste di legno» come amministratori. Il gip sottolinea l’«elevata spregiudicatezza» dei due fratelli.
Alla collaboratrice del curatore fallimentare Giorgio Dall’Olio, che il 6 dicembre 2023 lo chiama per convocarlo nel suo studio, l’amministratore della Vita Srl risponde di non sapere nemmeno di che società si tratti.
È il contenuto di una delle intercettazioni nell’indagine che ha portato, martedì, al sequestro di quote per 50 milioni ai due fratelli Massimo e Cristian Vitali, indagati per bancarotta fraudolenta. Intercettazione che per gli investigatori è significativa del fatto che l’uomo, classe 1937 e malato di Alzheimer, non fosse proprio la persona idonea a gestire un’azienda che nel 2021 godeva di un attivo di 36,8 milioni di euro e un valore della produzione di oltre 10 milioni.
Le accuse della Guardia di Finanza
Secondo le accuse, nelle indagini della Guardia di finanza coordinate dal pm Guido Schininà, l’uomo sarebbe stato solo l’ultimo dei prestanome utilizzato dai fratelli per mettere a punto una strategia concretizzatasi il 1° marzo 2022 con la scissione della Vita Srl, la «bad company» lasciata piena di debiti, e lo spostamento di tutto l’attivo di oltre 31 milioni in una nuova società creata ad hoc, la Expand Srl con socio unico Cristian Vitali. Portando poi, secondo l’accusa, la Vita Srl al fallimento, nel giugno 2023, con un passivo di una decina di milioni, e lasciando i creditori con il cerino in mano.
Sul punto l’avvocato dei Vitali, Filippo Dinacci, fa presente che «tutti i creditori sono stati soddisfatti». Agli atti, arrivati in Tribunale una ventina di giorni fa, il 10 luglio, nell’ambito del fallimento di Vita Srl, c’è un decreto di omologa di concordato secondo la proposta presentata da Expand Srl, che si è assunta in blocco l’intero complesso aziendale, subentrando nelle posizioni attive e passive. Si tratta di un accordo con i creditori, in cui si propone un piano per la ristrutturazione dei debiti e il soddisfacimento dei crediti, e con l’omologa viene attestata la chiusura della procedura liquidatoria.
Il sequestro impeditivo delle quote societarie
Il concordato in ogni caso, secondo il gip Lucia Graziosi, non elimina il rischio che i fratelli Vitali possano compiere reati simili ed è per questo che ha disposto il sequestro impeditivo delle quote. Mercoledì ha nominato l’amministratore Alberto Volpi, commercialista che gestirà il 100% delle quote di Expand Srl e il 50% di quelle di Vitali Spa. Di fatto, ogni decisione dell’assemblea non potrà essere presa senza l’accordo dell’amministratore.
Un provvedimento dalle ripercussioni pesantissime, tanto che il gip l’ha ritenuta sufficiente e ha respinto la richiesta del pm per i due fratelli di una misura interdittiva del divieto di esercitare imprese e uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per 12 mesi. L’amministratore giudiziario garantirà che tutte le attività delle due società vadano avanti – anche perché si tratta si opere di rilevante interesse pubblico che danno lavoro a centinaia di dipendenti – nell’assoluta legalità. Potrà avere accesso a tutti i documenti e la contabilità di Expand Srl e Vitali Spa e ogni sua decisione sarà riportata al giudice.
I tanti prestanome
Il gip nelle 14 pagine del decreto di sequestro ripercorre il valzer degli amministratori della Vita Srl, che considera un succedersi di prestanome: dopo Cristian Vitali nel 2014, c’è la nomina di un nuovo amministratore il 19 settembre 2016 che resta in carica fino al 1° dicembre 2020, quando arriva una donna croata che resta fino al 22 settembre 2021, quando le subentra l’ottantenne che resta in carica fino al fallimento e gestisce l’operazione di scissione.
Anche le intercettazioni dei collaboratori dei Vitali, secondo il gip, fanno ben capire come in realtà tutte le strategie decisionali delle società fossero prese da Massimo e Cristian. In una conversazione dell’8 febbraio 2024 l’ex ad della Vitali Spa, avendo saputo che i Vitali volevano nominare come nuovo amministratore della Vita Srl, al posto dell’ultraottantenne, una dipendente della Expand Srl, si lamentava con il suo interlocutore dell’utilizzo spregiudicato dei prestanome.
L’operazione di scissione
È sempre lui che in un’altra conversazione definisce Massimo Vitali «matto» perché non vuole chiudere la vicenda Vita Srl. L’11 gennaio 2024, il giorno dopo essere stato sentito a sommarie informazioni, ribadisce per Massimo la necessità di sistemare la vicenda Vita «sennò gli arriva addosso una bomba nucleare». Agli inquirenti, l’ex ad dirà che l’operazione della scissione era stata presa dai due fratelli per creare una società pulita che non avesse problemi con le banche e le aggiudicazioni pubbliche.
Anche la donna che subentrò all’ad in azienda, che lavorò in Vitali Spa solo per un mese prima di dimettersi, agli inquirenti disse che l’operazione di scissione così grossolana secondo il suo predecessore era stata richiesta «dalla proprietà».
Oltre all’operazione di scissione, il giudice si sofferma anche sulla cessione di azioni alla Vita Srl da parte della Vitali Spa, operazione effettuata nel 2015 per la quale la Vita Srl non aveva alcun interesse economico e parzialmente pagata mediante l’accollo di circa 22 milioni di euro di debiti che la Vitali Spa aveva verso le banche. Una strategia che prende avvio già in quegli anni: nel provvedimento di sequestro, il gip sottolinea l’«elevata spregiudicatezza» dei due fratelli.
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