Omicidio di Yara, la Corte si riserva di decidere sull’esame dei reperti

I giudici della Corte d’Assise di Bergamo si sono riservati di decidere sulla richiesta della difesa di Massimo Bossetti, condannato in via definitiva per l’omicidio di Yara Gambirasio, di poter esaminare i reperti che hanno portato alla condanna.

Gli avvocati di Bossetti hanno parlato di «confronto acceso» in aula e hanno detto che la Procura ha definito «degli scartini» i reperti diversi dalla traccia 31G 20, con il Dna trovato sui leggins della ragazza ritenuta la «prova regina» nel dibattimento.

Mercoledì 19 maggio la Corte d’Assise di Bergamo, presieduta dal giudice Donatella Nava, si è occupata dell’istanza presentata dai difensori di Massimo Bossetti, il manovale condannato in via definitiva per l’omicidio di Yara Gambirasio (che si è sempre dichiarato innocente), per l’esame di 98 reperti dell’indagine. Di questi, 54 sono tra campioni di Dna reperiti su vestiti e scarpe della tredicenne rapita il 26 novembre 2010 dopo essere uscita dal centro sportivo di Brembate Sopra e trovata senza vita in un campo di via Bedeschi a Chignolo il 26 febbraio 2011.

Lo scorso 12 gennaio la Cassazione aveva accolto il ricorso degli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, rinviando all’Assise le due ordinanze con cui erano state giudicate inammissibili le istanze dei difensori di poter visionare i reperti. Un anno prima, il 15 gennaio 2020, il pm titolare dell’accusa in primo grado Letizia Ruggieri aveva chiesto e ottenuto dalla Corte d’Assise la confisca dei reperti, che erano in quel modo usciti dagli atti del processo. Erano seguiti ricorsi e istanze fino al recente accoglimento. Ora di nuovo l’Assise dovrà decidere se fare o meno esaminare i reperti.

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