(Foto di Ansa)
I RICORDI. Nel processo emergono i ricordi della famiglia di Sharon Verzeni, uccisa a Terno d’Isola mentre faceva una passeggiata. «Senza di lei la vita non è più la stessa».
Eccola dunque Sharon, «la ragazza romantica, che non vedeva mai il male», la figlia «che affrontava le difficoltà col sorriso», la donna che stava organizzando il matrimonio e «desiderava tanto avere bambini». In un processo che aveva finora vissuto di perizie psichiatriche, versioni difensive che si attorcigliano su se stesse, filmati di videosorveglianze, coltelli e abiti prima spariti e poi ritrovati, la vittima rispunta nelle parole sofferte e tenerissime dei genitori, dei fratelli e del fidanzato, le cinque parti civili che il 10 novembre hanno deposto a processo. È a suo modo un risarcimento morale a una giovane che l’assassino ha trattato come un bersaglio qualsiasi, lo sfogo alle sue ugge quotidiane, e l’opinione pubblica guardato spesso soltanto come la vittima indifesa al cospetto dell’orco.
E ha sguardi in lotta con le lacrime chi la rivede raccontando. Mamma Maria Teresa Previtali confessa di riascoltare spesso l’ultimo messaggio vocale e i video sul telefonino «per sentire la sua voce»
E ha sguardi in lotta con le lacrime chi la rivede raccontando. Mamma Maria Teresa Previtali confessa di riascoltare spesso l’ultimo messaggio vocale e i video sul telefonino «per sentire la sua voce». «Parlo con lei spesso, è un modo per sentirla vicina, perché ha lasciato un vuoto enorme», osserva. «Il 6 luglio avevamo festeggiato il suo compleanno, non avrei mai immaginato che fosse l’ultimo - racconta la signora Maria Teresa –. Le avevamo regalato la cyclette per fare un po’ di moto, ma lei preferiva camminare. E stava scegliendo l’abito da nozze. Il mio rimpianto e non averle detto che quello sarebbe stato il nostro regalo».
Melody, la sorella 37enne di Sharon, dice che ora, quando la famiglia si riunisce nella casa dei genitori, «si sente sempre un vuoto, è come se mancasse un pezzo. Ognuno reagisce a suo modo: mio fratello Christopher cerca di rimanere il più possibile con me, i miei genitori cercano di tenersi occupati»
Melody, la sorella 37enne di Sharon, dice che ora, quando la famiglia si riunisce nella casa dei genitori, «si sente sempre un vuoto, è come se mancasse un pezzo. Ognuno reagisce a suo modo: mio fratello Christopher cerca di rimanere il più possibile con me, i miei genitori cercano di tenersi occupati». «Sharon era quella che giocava sempre con me», ricorda Christopher, 23 anni, che quando gli fu comunicata la morte della sorella non voleva crederci: «Non capivo come potesse essere successo, poi ho letto i siti web». Papà Bruno rammenta di come seppero la notizia lui e la moglie. «Eravamo in hotel a Cagliari, stavamo scendendo a fare colazione. Sulle scale Maria Teresa ha ricevuto una telefonata e si è messa a piangere. “Cosa è successo?”, ho chiesto io. Lei ha messo in viva voce: era Melody che ci diceva che Sharon era stata uccisa a coltellate».
Il padre ammette di aver letto l’interrogatorio dell’imputato davanti ai carabinieri: «Mi sembrava una cosa indescrivibile che arrivasse a tanto, che trovasse soddisfazione a uccidere una persona. Questa è una cosa che non posso giustificare». Poi il signor Bruno spende parole di elogio per il fidanzato della figlia, Sergio Ruocco, che dopo il delitto ha vissuto in casa con loro fino al luglio scorso. «Dormiva nella cameretta di Sharon. Lo abbiamo accolto subito, anche se all’inizio c’erano sospetti su di lui. Conoscendolo, noi non abbiamo mai dubitato, ritenevamo impossibile che fosse stato lui. Ed eravamo rammaricati che qualcuno lo pensasse».
«È stato brutto, ma un po’ lo capivo che sospettassero di me. I sospetti però passavano in secondo piano. La cosa principale era che non c’era più lei. La morte di Sharon ha cambiato tutto, non sapevo più cosa fare, e in verità non lo so nemmeno adesso»
Sergio Ruocco in quel momento invece no. «È stato brutto, ma un po’ lo capivo che sospettassero di me. I sospetti però passavano in secondo piano. La cosa principale era che non c’era più lei. La morte di Sharon ha cambiato tutto, non sapevo più cosa fare, e in verità non lo so nemmeno adesso». Sergio ammette che aveva provato nei weekend a tornare a vivere nell’abitazione di Terno d’Isola: «Ma da solo non ce la facevo, dopo qualche ora dovevo andar via. Da metà luglio scorso mi sto sforzando di farlo. Faccio fatica e di notte mi sveglio ancora ogni tanto».
Nella sua deposizione torna anche a quella, di notte. «Alle tre sono venuti a suonarmi i carabinieri. Mi hanno portato in caserma e fino alle 16 del giorno dopo non mi hanno detto che Sharon era morta. Io speravo che fosse qualcosa di grave, ma che fosse ancora viva, che fosse un malore. Quando mi hanno detto che era stata uccisa ho chiesto di rimanere con loro in caserma perché non sapevo più cosa fare della mia vita, non sapevo dove andare. E volevo anche dare una mano, se possibile, ai carabinieri per capire cosa era successo».
Sharon in quel periodo era felice, rimarca. «Dovevamo sposarci, avevamo terminato il corso di fidanzati. Le avevo comprato un anello che volevo darle in vacanza: avevamo già prenotato il viaggio in Grecia con partenza il 16 agosto». Sergio gliel’ha infilato quando lei era nella bara, magari tremando un po’ per l’emozione, come capita agli sposi sull’altare quando si scambiano anelli e promesse.
Infine i rimorsi, che sono purtroppo parte dell’eredità che gli ha lasciato quella notte. «Sharon, consigliata dalla dietologa, faceva camminate, di solito la sera. Spesso uscivo anche io con lei. Però a volte davo forfait perché la mattina mi alzo alle 5,30 per andare al lavoro che mi occupa 10 ore al giorno. Penso spesso che, se quella sera fossi uscito con lei, ora sarebbe ancora viva. E mi dò la colpa anche di aver fatto le cose con troppa calma per il matrimonio. Se avessimo accelerato, magari lo scorso anno avremmo già avuto dei bimbi e Sharon sarebbe stata costretta a rimanere a casa coi figlioletti».
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