Rota d’Imagna, dopo sedici mesi ragazzini ucraini verso il rimpatrio

ACCOGLIENZA. Erano arrivati dall’orfanotrofio di Berdjans’k il 20 marzo 2022, ora sono 83. Il decreto emesso dal Tribunale dei minori, a breve la conferma su destinazione e numeri.

Sedici mesi fa, era il 20 marzo 2022, stava ormai facendo buio quando uno stuolo di 115 bambini e ragazzi dell’orfanotrofio di Berdjans’k «sbarcò» sul piazzale del mercato di Rota d’Imagna. Avvolti nelle loro giacche a vento, stanchi e disorientati, iniziavano così la loro lunga avventura italiana.

Lunghi mesi lontani da casa, dalla città portuale dell’Ucraina sud-orientale, nel distretto di Zaporižžja sulla costa settentrionale del Mar d’Azov a circa 80 chilometri a ovest di Mariupol, salvi. La sera stessa si sarebbero divisi: i più piccoli avrebbero raggiunto Pontida, altri Bedulita e la maggior parte di loro sarebbe rimasta all’Hotel Posta.

Sedici mesi dopo, per gli 83 bambini e ragazzi dai 7 ai 18 anni rimasti a Rota, potrebbe essere l’ora dell’addio. Che sia per tutti o solo per alcuni, non è ancora stato deciso. Rimpatrio. Se ne parla da mesi, «da febbraio almeno», butta lì a memoria il sindaco Giovanni Paolo Locatelli, ma su tempi e, soprattutto, luoghi dove dare – di nuovo – accoglienza ai ragazzini arrivati in Valle Imagna dopo tre giorni di viaggio a scappare dai colpi di mortaio, ecco, non c’è ancora alcuna indicazione certa, mentre certo sarebbe il decreto di rimpatrio emesso dal Tribunale dei minori di Brescia. Per quanti di loro? Forse per una quarantina, «i più turbolenti», dicono dai corridoi della Casa Stella Mattutina, l’ex colonia dell’Azione Cattolica dove il gruppo di minori a settembre è stato trasferito dall’Hotel Posta.

Una grande famiglia

Come in una grande famiglia, grandissima in questo caso, l’esuberanza della giovanissima età in alcuni casi esce dalle regole della tranquilla convivenza, e sono successi «episodi più o meno gravi – ricorda il sindaco di questo paese di 900 anime –, che si possono gestire fino a un certo punto». Al che il primo cittadino ha sollecitato un cambio di marcia, una soluzione, che potrebbe ora essere quella del rimpatrio.

«Non c’è ancora nulla di certo – prosegue Locatelli –, avremo un quadro più chiaro nei prossimi giorni quando il consolato ci dirà dove i ragazzi saranno diretti e quando», con la speranza che venga garantito loro un luogo sicuro, lontano dalle zone calde del conflitto. Resta poi da capire quanti minori dovranno lasciare Rota: «Potrebbero tornare in patria forse anche tutti – prospetta il sindaco – , ma ripeto, siamo in attesa di capire cosa decide il governo ucraino». Dentro questo quadro intanto pare che oggi, o comunque a breve, sia in programma l’arrivo alla Stella Mattutina di una delegazione dell’Unhcr, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati.

E ora, sedici mesi dopo quel primo abbraccio nato intorno agli orfani di Berdjans’k, potrebbe essere l’ora dell’addio. «C’è sempre una fine, in tutte le cose – dice laconico il primo cittadino –: abbiamo risposto con slancio nel momento del bisogno, abbiamo dato una mano e il nostro consigliere Zaccheo Moscheni in particolare, che si è speso al mille per mille in questo progetto. Ma il Comune non fa accoglienza, serve ben altro oltre il cuore». Risorse, anche: è noto il continuo dover bussare a Roma per rivendicare i rimborsi dovuti, soldi che «non arrivano da un anno» e anche i 15 educatori presenti al fianco dei bambini non vengono pagati da giugno.

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