Volontariato / Val Calepio e Sebino
Giovedì 18 Dicembre 2025
Un grande dolore trasformato in gesti di cura e di speranza
LA STORIA. Le Iris di Trebecco ha vinto il «Premio Cuore Bergamasco». L’associazione è stata fondata da Cristina Mostosi per reagire al femminicidio della sorella Paola avvenuto nel 2002.
L’associazione Le Iris di Trebecco è la dimostrazione che un dolore immenso, insopportabile, può trasformarsi in un gesto collettivo di cura. E di speranza. La sua fondatrice, Cristina Mostosi, ha scelto di reagire alla perdita della sorella Paola, vittima di femminicidio nel 2002, non chiudendosi, ma aprendo nuove vie: alla memoria, alla comunità, alla prevenzione. Da questo percorso è nato un progetto che oggi Bergamo, ma non solo, riconosce con profondo rispetto. Non a caso l’associazione ha ricevuto il «Premio Cuore Bergamasco», categoria del «Premio Bergamo - Terra del Volontariato» assegnata alle storie apparse nel 2025 sul quotidiano «L’Eco di Bergamo».
Anche un’altra eredità
L’associazione ha ricevuto il «Premio Cuore Bergamasco», categoria del «Premio Bergamo - Terra del Volontariato» assegnata alle storie apparse nel 2025 sul quotidiano «L’Eco di Bergamo»
La storia dell’associazione affonda le radici anche in un’altra eredità: quella del padre della fondatrice, Luigi Mostosi, appassionato ibridatore di iris (ne aveva registrate ben 26) che, per lenire l’inguaribile ferita, era solito rifugiarsi in un fazzoletto di terra, verde e colori nel borgo medievale di Castel Trebecco, frazione di Credaro. Dopo la sua morte, il luogo è rimasto sospeso fino a quando la figlia ha deciso di salvarlo, restaurarlo e riportarlo alla sua bellezza. «Dopo la drammatica morte di Paola ho pensato tante volte di creare qualcosa per ricordarla, ma non era ancora tempo», racconta. Il progetto botanico «Una Iris per non dimenticare» si è fatto strada, nella sua mente e nel suo cuore, piano piano. E poi, a un tratto, è sbocciato, fra meraviglia e partecipazione, stupore e applausi. L’idea è semplice e potentissima: dare vita a aiuole della memoria, spazi simbolici in cui questo fiore, proveniente dalla collezione di Luigi Mostosi, diventa metafora di resilienza attiva. Forte, capace di resistere quasi ovunque, l’iris non richiede molta acqua, ma esige rispetto e cura. È un fiore che accompagna la narrazione di una nuova cultura: «Quella che combatte la violenza di genere attraverso l’educazione, la consapevolezza e il coinvolgimento delle comunità», spiega.
L’idea è semplice e potentissima: dare vita a aiuole della memoria, spazi simbolici in cui questo fiore, proveniente dalla collezione di Luigi Mostosi, diventa metafora di resilienza attiva
Non si tratta però di semplici piantumazioni: ogni realizzazione è accompagnata da una targa per non dimenticare Paola Mostosi e tutte le altre vittime, e da un momento di formazione sulla prevenzione della violenza, sugli stereotipi di genere, sui modelli relazionali sani. Il percorso ha già coinvolto scuole, università, associazioni, aziende e istituzioni in tutta Italia: dalla parrocchia di Torre Boldone all’Università di Roma La Sapienza, dal municipio di Catania fino alla Questura di Bergamo, dove autorità e cittadini hanno piantato insieme le iris, mani nella terra e gomito a gomito, in un gesto condiviso di impegno civile. Durante il Covid è nata anche una piccola grande collezione d’arte contemporanea che coinvolge artisti italiani e internazionali nella creazione di opere ispirate a questo fiore, che abbelliscono le pareti della biblioteca che Cristina Mostosi ha aperto a Sorisole. Fra le tante attività promosse c’è anche «La poesia del rispetto. Incontro di bellezza» che porta (e porterà nuovamente a febbraio del 2026) nella Sala Manzù della Provincia di Bergamo personalità e competenze per affrontare il problema della violenza sulle donne attraverso diverse sfaccettature.
Un grande campo protetto
E l’associazione sta per compiere un ulteriore passo: la creazione di un grande campo, recintato e protetto («Il paese - rivela - non posso ancora dirlo, ma sarà in Bergamasca») dove coltivare sistematicamente le iris e sviluppare percorsi di ortoterapia per donne vittime di violenza. Sarà un luogo di cura e di rinascita, ma anche uno spazio per eventi culturali, mostre, incontri e attività condivise. Ma non è tutto perché Mostosi ha un altro obiettivo per il 2026: «Vorrei – conclude con un sorriso che è già una promessa – piantare la mia prima iris fuori dall’Italia».
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