«A Bali ho trovato la felicità
Creo bikini con i tessuti locali»

di Fabiana Tinaglia

La prima cosa che ti cattura di Veronica è il sorriso. Grande e intenso, dentro ci si può nuotare. Poi vedi il resto: i riccioli biondi, l’abbronzatura brillante, le unghie bianche. Di bergamasco, a vederla così, ha poco.

di Fabiana Tinaglia

La prima cosa che ti cattura di Veronica è il sorriso. Grande e intenso, dentro ci si può nuotare. Poi vedi il resto: i riccioli biondi, l’abbronzatura brillante, le unghie bianche. Di bergamasco, a vederla così, ha poco: con tutti quei braccialetti ai polsi, quel modo di vestire che sembra appena tornata dalla spiaggia anche se è a Bergamo di passaggio e si stupisce, come sempre tutte le volte che torna a casa, di quest’aria fresca e di noi in giro con la sciarpina al collo. Si stupisce e ride, raccontando di Bali, della sua casa vicino al mare, del villaggio sperduto in cui vive e cuce, a piedi scalzi e in bikini. I suoi, coloratissimi e divertenti, quelli che disegna e confeziona da quando si è trasferita, 10 anni fa, in «questo piccolo mondo di gente buona e semplice, felice e serena». E anche lei, la vita, ha iniziato a prenderla così, con più ironia e rallentando il passo, almeno per otto mesi l’anno: «Da ottobre a maggio vivo a Bali, i mesi estivi lavoro in Costa Smeralda, portando in Italia il prodotto che realizzo nei mesi invernali».

Fa la stilista Veronica, 40 anni tondi tondi, e non si è inventata da un giorno all’altro: «Ho iniziato proprio in Indonesia, con una stilista di Bassano che ho affiancato per seguire la sua produzione in Oriente». Un anno in Indonesia tra fabbriche tessili, per capire che «la mia vita non era quella della dipendente e che era giusto che trovassi la mia strada, da sola. E così a 26 anni ho trascorso due mesi in giro per l’India, creando una collezione dove la cultura locale si mixava a un mio stile più urbano – spiega –. Da Nuova Delhi ho poi fatto un biglietto di sola andata per l’Indonesia: sono tornata dove avevo lavorato in precedenza e ho messo in fila i miei pensieri e le mie aspirazioni». Nasce così il marchio «Veronika Guzalian», variante del suo nome solo per l’esuberanza di quella «k» che dà più brio all’immagine.

«Qui sono ripartita da zero, imparando la lingua e cercando casa. Ho avviato una filiera di produzione tra la ricerca di materia prima, il progetto e la manifattura – continua a raccontare –. Ero rimasta in contatto con molte persone conosciute nelle aziende tessili e ho proposto ad alcune di loro di lavorare per me direttamente da casa: ho creato così dei laboratori a domicilio dove le famiglie si occupano di un pezzo della mia collezione». Tra il villaggio di Batubulan (che in italiano significa «Pietra di luna») e quello di Dempasar, nei pressi di Bali, una decina di famiglie indonesiane lavorano per Veronica: «Il progetto e il design è made in Bergamo, la produzione è made in Bali – spiega –. Acquisto le stoffe e poi suddivido le attività: c’è chi taglia e chi cuce, chi fa il check qualità, chi etichetta, chi piega e confeziona». Solo la tintura avviene in fabbriche specializzate: «E così le famiglie a cui mi appoggio sono diventate la mia famiglia qui a Bali».

Un progetto che ha anche una funzione etica e sociale: «Le famiglie del mio villaggio hanno poche possibilità economiche e questo lavoro ha permesso a molte donne di poter contribuire all’economia domestica senza però lasciare soli i figli. Si è creata una filiera di sostegno e sussistenza senza progetti roboanti ma con grande cuore da parte di tutti». Cuore grande e grande sorriso, e Veronica vive così: «Vivere e lasciar vivere, in pace con se stessi». E te la vedi mentre con la tavola da surf si lancia in mare a cavalcare onde, mentre sott’acqua si è auto realizzata il book della nuova collezione di bikini: è lei che nuota e si mette in posa tra fasce, triangoli, frange e laccetti. E poi colori energici, doppie tonalità a contrasto. «Per donna e bimba, e da quest’anno propongo il bambino. Poi pochette, abiti leggeri, per la spiaggia e per la sera». Che profumano d’estate e che ora sono sbarcati in Costa Smeralda: «Ogni fine maggio prendo un volo verso casa, organizzo la spedizione con un cargo». E non è semplice percorrere sotto il sole, avanti e indietro, le spiagge: su e giù per Liscia Ruja, La Celvia e il Pevero con una sacca sulle spalle. «Mesi pesanti, ma la mia anima zingara me lo richiede. E poi la spiaggia mi ha creato una rete di contatti che mi ha portato in negozi di tutta Italia, finendo perfino a Dubai e Toronto» sorride, anche se riconosce che prima o poi dovrà imparare ad avere a che fare con gli show room, i cataloghi in pdf, l’e-commerce: «Sono progetti che sto per approntare, mi serve un partner più “istituzionale” di me, magari qui in Italia: a Bergamo sarebbe perfetto, mentre io continuo a disegnare e cucire a Bali». Per ora la sua linea è in mano a una bergamasca che in Australia le segue la commercializzazione della sua collezione: «Che sta andando bene e si sta estendendo – continua –, mentre continuo a realizzare la linea beach per Brian & Barry, del gruppo Boggi».

C’ha da fare Veronica, non c’è che dire, e i tempi di via Botta, dove viveva con la sua famiglia, sembrano lontani: «Ma mi manca immensamente la famiglia, i miei genitori e mia sorella con i miei nipotini. E poi l’atmosfera e la storia di Città Alta. Anche le veneziane che mi mangio quando torno: mi abbuffo da indigestione». E l’amore? «Nota dolente, ma non dispero: arriverà». Sorride Veronica, come i suoi balinesi: «Ho imparato da loro: cordiali, pazienti e chiacchieroni. E felici per quello che sono e che hanno». Una gran differenza dalla cultura occidentale: «Noi siamo più irrequieti: non siamo soddisfatti e ambiamo sempre a essere di più: più sicurezza, più lavoro, più tutto, per essere più felici. Ma non vediamo mai la fine. Bali me l’ha mostrata». E a Bali non rinuncerebbe: «Ma come si fa? La natura, gli spazi aperti, le stellate immense, il rumore dell’oceano, la cordialità insita nell’animo dei balinesi e quel chiacchierio vivace e felice delle donne che cuciono insieme e che portano il sole nelle lunghe giornate di pioggia».

Leggi di più su L’Eco di Bergamo del 29 giugno

IL PROGETTO

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della Comunità Bergamasca. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

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