Il grido di dolore di Alberto:
«Nessuno ha saputo aiutarci»

«Nessuno è stato in grado di aiutarci ad affrontare il problema di Alessia. E ora io mi ritrovo senza una moglie e senza una figlia. Non si può aspettare che accadano tragedie simili per intervenire». Quello di Alberto Calderoli, 38 anni, dentista, è un disperato grido di dolore.

«La società non è stata in grado di aiutarci ad affrontare il problema di Alessia. E ora io mi ritrovo senza una moglie e senza una figlia. Non si può aspettare che accadano tragedie simili per intervenire». Quello di Alberto Calderoli, 38 anni, dentista, è un disperato grido di dolore.

Sabato pomeriggio, mentre si trovava ad un congresso di Odontoiatria a Riva del Garda, sua moglie - Alessia Olimpo, 35 anni - ha ucciso la loro figlioletta Elisa, 18 mesi, con un coltello da cucina, per poi toglersi la vita con la stessa arma, nella camera da letto della piccola, al quinto piano del palazzo al civico 52 di viale Giulio Cesare, dove la famiglia viveva.

Un dramma – stando alle prime indagini – scatenato dalla depressione, con cui da tempo la giovane madre conviveva. «In due anni – ricorda Alberto, la voce rotta dall'emozione, ma decisa nel ripercorrere i tanti momenti difficili – ho cercato spesso di convincere mia moglie a farsi aiutare da uno psicologo. Per due volte aveva cominciato, per poi interrompere il percorso. Io non riuscivo a fare nulla. Non lo dico per me: io ormai mi ritrovo senza una moglie e una figlia e niente e nessuno potrà restituirmele. Lo dico per chi verrà».

Dolore e disperazione anche nella famiglia della giovane donna. «Siamo sconvolti dal dolore, non riusciamo ancora a capire cosa sia successo» dice cuna voce giovane, carica di emozione, che risponde al citofono a casa del padre di Alessia Olimpo, nel quartiere di Monterosso. «Era una persona fantastica, meravigliosa» dice ancora per poi richiudersi nel proprio dolore.

E anche nello studio dentistico dei Calderoli l'aria che si respira è carica di sofferenza. Lo studio ieri era praticamente chiuso ai pazienti, anche se c'erano alcune dipendenti, chiuse nel proprio dolore.

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