«Io, barista rovinato dal gioco
quegli aggeggi non li voglio più»

Trecento euro, la sua rovina. Li aveva vinti così, facile facile alla prima giocata. Bello sgambetto: in quattro anni ne ha persi centomila, «il mutuo per ristrutturare il bar». Oggi in quel bar, il suo bar, le due slot machine non ci sono più.

Trecento euro, la sua rovina. Li aveva vinti così, facile facile alla prima giocata. Bello sgambetto: in quattro anni ne ha persi centomila, «il mutuo per ristrutturare il bar». Oggi in quel bar, il suo bar, le due slot machine dove Paolo aveva macinato ore di frenesia e sudore non ci sono più. «Le ho tolte, ho sciolto il contratto con il noleggiatore. Non voglio che i giovani si rovinino anche per colpa mia».

Paolo nella realtà non si chiama così: chi ha alle spalle una difficile risalita dalla dipendenza del gioco d'azzardo sa che è meglio non sbandierarla. Accetta di raccontarsi più per gli altri che per se stesso, «per chi vedevo entrare nel mio locale con l'unico obiettivo di mettersi alle macchinette, persone che diventavano presto insignificanti, stupide, schiave». Come lui. Paolo ha cominciato a giocare alla fine del 2007, proprio nel suo bar pizzeria.

«Era un periodo in cui mi sentivo un po' giù di morale - racconta -, nel gioco dimenticavo i miei guai. Poi ho continuato. La prima volta che ho giocato ho messo due o tre euro e ne ho vinti subito 300, è stata la mia rovina». Tre euro da recuperare e trecento da superare, sempre più giù in un vortice «che ti fa presto perdere il conto». Paolo si sofferma nei dettagli di questa «schiavitù», come lui stesso la definisce. «Giocavo nell'orario di chiusura del bar o appena uscivano i clienti».

Matematico: «Sappiamo che una macchinetta, quando è un po' che è in attivo, prima o poi paga. Guardi quanto ha messo un cliente e quanto vince, tieni d'occhio se altri hanno giocato dopo di lui senza incassare e stai sicuro che prima o poi la vincita arriva». Prima o poi, «ed è lì che ci si rovina. C'è stato un periodo - prosegue Paolo - che nella slot c'erano un sacco di soldi: mi sono fermato ore, la sera, a giocare. Me l'aveva detto il mio noleggiatore: i migliori clienti sono i baristi».

Migliori e, nel caso di quest'uomo della zona di Trescore, di lungo corso: «Ero anche riuscito a smettere per due, tre mesi, ma poi sono ricaduto. Soltanto nel luglio del 2012 mi sono deciso e ho iniziato a frequentare con assiduità un gruppo di auto aiuto, per riprendermi la mia vita, per i miei figli». Da allora non ha più toccato un tasto alle slot, il tintinnio delle monetine ha imparato a dimenticarselo, grazie anche alla scelta di togliersi di mezzo l'oggetto della tentazione. «Ma vede, l'ho fatto più per gli altri - precisa -: io ormai mi sono deciso a cambiare e certo, è difficile, ma sono determinato. Insieme a mia moglie che in questa storia mi ha dato un grande sostegno ho deciso che era meglio non tenerle più, le slot. Ne avevo due, a volte tre. Da quattro mesi sono sparite». I clienti hanno chiesto spiegazioni, alcuni si sono lamentati, qualcuno ha intuito cosa ci stesse dietro.

«A chi ci interrogava sul perché di questa scelta abbiamo risposto che il lavoro si era spostato nelle sale gioco, ma in realtà ero stanco di vedere scivolare nella dipendenza tante persone. Devo ringraziare mia moglie che mi ha fatto capire il senso sciocco del gioco, l'assurdità di pensare che giocando potrai recuperare i soldi per pagare le bollette». Fu proprio lei ad accendere il mutuo in banca per ristrutturare il loro locale. Centomila euro disponibili sul conto che, piano piano, venivano prosciugati. «Attingevo da lì per pagare le utenze e i fornitori del bar, mentre tutto il guadagno del locale lo spendevo nel gioco».

Alla fine è andato in rosso, Paolo il giocatore. Prosciugato. «E per cosa? - si chiede oggi -, per quell'attimo di euforia che ti prende quando sul monitor della slot esce la fila continua di segni. Ecco, ho tolto le macchinette dal mio bar per evitare tutto questo. So cosa vuol dire non pensare ad altro che al gioco, annullarsi, essere guardati con sufficienza. Oggi la mia vita è meravigliosa, posso dirlo. Certo so che sarà difficile riequilibrare i conti, ma ora so che la testa la devo usare per ciò che conta. Speriamo che aver tolto le slot serva a far aprire gli occhi».

Marta Todeschini

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